“Fai bei sogni” di Gramellini. Quel palloncino rosso di Salem

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“Dopo quarant’anni sarebbe ora che qualcuno ti dicesse la verità”. È la frase chiave di Fai bei sogni di Massimo Gramellini (Longanesi 2012) “un romanzo intessuto di fatti realmente accaduti” nel quale un uomo scopre la verità sulla scomparsa della madre, la cui assenza ha caratterizzato tutta la sua vita.

“Una storia che mi era cresciuta dentro per quarant’anni. Era arrivato il momento di affrontarla e tirarla fuori”.

Il giornalista al termine del suo romanzo biografico chiarisce che cosa abbia significato per lui perdere la madre a soli 9 anni di età, cercare in ogni donna, sia che sia stata la Maestra o l’arcigna Tata Mita, il viso dolce e “il sorriso di ragazza e dagli occhi azzurri e puliti” della mamma perduta. Crescere e diventare adulto con un senso di vuoto incolmabile, rifiutare inconsciamente di comprendere la vera causa della morte della donna che l’aveva fatto nascere. “Non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più”. Nella Torino del 1969, l’ultimo giorno dell’anno si annunciava nevoso. Il bambino si era svegliato presto sorpreso e confuso nel vedere le luci accese in tutta la casa, ascoltando preoccupato un rumore di passi strascicati e un “guaito di creatura ferita”. “Nooooo!”. Suo padre, considerato finora dal ragazzino “la quercia della mia infanzia”, si trovava accanto all’albero di Natale piegato in due e “sorretto per le ascelle da due sconosciuti”. “È mio figlio… per favore, portatelo dai vicini”. Il padre abbandonando la testa all’indietro aveva urtato l’albero di Natale. Un angelo con le ali di vetro era caduto sul tappeto. Da quell’istante in poi tutto sarebbe cambiato, il trauma dell’abbandono sarebbe stato il compagno fedele di un bambino, adolescente, giovane uomo e adulto… “Perché tutti nel momento del bisogno mi lasciavano solo?”. Fino a quando Madrina, la più cara amica della madre gli consegnò una busta marrone contenente un ritaglio di giornale. “Nel gergo dei giornalisti le notizie che gli altri hanno e tu no si chiamano buchi. Il mio giornale mi aveva dato un buco per tutta la vita”.

Fai bei sogni è dedicato “A Giuseppina Pastore, mia mamma”, il cui sorriso risplende nella foto in bianco e nero che si trova nelle pagine finali dove la donna è ritratta con Massimo bambino. Un testo scritto senza risparmiarsi che s’interroga sul senso della vita. Simbolica in tal senso è la frase, presente nel volume, che ne I miserabili di Victor Hugo Jean Valjean prima di spegnersi rivolge alla figlia adottiva Cosette: “Ce n’est rien de mourir. C’est affreux de ne pas vivre. È nulla il morire. Spaventoso è non vivere”. “Infermità esistenziale” per l’autore è quella particolare condizione dell’anima che “ti fa sentire senza guida in uno spazio indistinto” in preda a una sensazione “che non mi avrebbe più risparmiato”. Un demone, una bestia nel cuore, che da bambino aveva chiamato Belfagor che “mi tormentava di domande. Con tutte le mamme che c’erano, perché era morta proprio la mia?”. Il giornalista/scrittore racconta il difficile rapporto con il padre “l’unico canale aperto era il Toro”, “la scuola cattolica per soli maschi” dove incontra padre Teschio “il nomignolo era ispirato alla conformazione agghiacciante del suo cranio”, l’adolescenza problematica, il primo amore e il primo lavoro nella redazione torinese del Corriere dello Sport. Una vita intera mai scordando quando la mamma prima di andare a dormire gli sussurrava “Fai bei sogni, piccolino”. Quando l’autore a cinquant’anni scopre la verità sulla scomparsa della madre, quest’ultima da angelo custode assume connotati umani. Anche il ricordo del padre “mani grandi e sguardo truce” si trasforma. Un padre si era inventato una bugia per proteggere suo figlio. Gramellini perdonando la mamma che lo aveva lasciato solo e il babbo che gli aveva mentito a fin di bene, riesce finalmente a fare pace con se stesso. “I ricordi non si possono cancellare. Si può rimuovere il dolore associato al ricordo solo perdonando” ha dichiarato l’autore in una recente intervista.

La copertina del volume, un bambino con un palloncino rosso è un omaggio a Salem piccola e innocente vittima dell’atroce assedio di Sarajevo di vent’anni fa. “Ancora un volta mi ero illuso che la vita fosse una storia a lieto fine, mentre era soltanto un palloncino gonfiato dai miei sogni e destinato a esplodermi sempre fra le mani”.

Massimo Gramellini è nato a Torino nel 1960. Scrive sul quotidiano La Stampa, di cui è uno dei vicedirettori. È ospite fisso della trasmissione di Raitre Che tempo che fa. Ha pubblicato: Colpo Grosso con Curzio Maltese e Pino Corrias (Baldini & Castoldi 1994), Compagni d’Italia, (Sperling & Kupfer 1996), La patria, bene o male con Carlo Fruttero (Mondadori 2010) e L’ultima riga delle favole (Longanesi 2010).

Autore: Massimo Gramellini

Titolo: Fai bei sogni

Editore: Longanesi

Anno di pubblicazione: 2012

Prezzo: 14,90 Euro

Pagine: 216