Partire da Mosca, dall’Europa, attraversare gli Urali, arrivare nella sterminata Siberia, una delle terre più inospitali del mondo, nel cuore dell’inverno, a bordo di una jeep malconcia, pronti se necessario a dormire in macchina nel mezzo del nulla con vari stratagemmi per non morire congelati: come nessun altro libro, “Febbre bianca” del reporter polacco Jacek Hugo-Bader (Keller 2014) svela l’anima segreta della grande Russia e racconta quello che sta dietro gli scintillii di Mosca e San Pietroburgo, nelle terre di nessuno di cui nessuno parla.
Il giornalista della Gazeta Wyborcza, si mette in viaggio su una Lazik, la “jeep sovietica”, un modello che viene prodotto in forma invariata dal 1972 e grazie al quale i russi arrivarono ovunque, dal deserto del Sahara al ghiacciaio dell’Elbrus. Prima si ferma a Mosca, dove racconta le vite degli hippies moscoviti e dei rapper dei casermoni popolari, e la scena musicale dei seminterrati cittadini. Riceve consigli su come affrontare il viaggio: “La regola numero uno è non fidarsi di nessuno. Non parlare con la gente incontrata per strada e meno che mai bere vodka insieme. Non andare in giro di notte, non fermarsi nei paraggi dei bazar e non prendere in affitto camere dalle donne che sostano davanti alle stazioni” gli dice Pit, icona dei punk e della scena antifascista-no global di Mosca – In Russia la gente è selvaggia, molto aggressiva. Se la macchina resta un panne in mezzo al nulla, e la notte incombe, bisogna tuffarsi nella foresta. Una volta lì, piantare una tenda”. “Ma se è quasi inverno”. “Nella foresta, ti dico. Dai lupi, non dagli uomini”.
Il racconto prosegue per piccole storie, come faceva un altro grande polacco, Ryszard Kapuscinski, che diventano rappresentative di un Paese intero: racconta la tragedia taciuta della droga e dei sieropositivi, e poi intervista l’inventore del famigerato Kalashnikov – “minuto, con le ciabatte ai piedi, se ne sta in un angolino accanto al pianoforte, dà una scossa orgogliosa alla sua chioma di capelli bianchi pettinati all’indietro e mi guarda un po’ dall’alto”-, a Vissarion, “l’Insegnante” attorno a cui si raccoglie una comunità di seguaci che non bevono, non fumano, e lo credono il nuovo Messia. Hugo-Bader segue gli sciamani della regione di Tuva come Anisja Otsur, che “odora di fumo e di animali ed è capace di leggere il destino dalla scapola di montone che getta nel fuoco”, e poi la tremenda piaga dell’alcolismo tra gli allevatori di renne della taiga, fino alla remota regione dell’Amur, e infine a Vladivostok, lembo estremo della Russia a oriente.
Jacek Hugo-Bader, nato nel 1957 a Sochaczew, in Polonia, dal 1990 collabora con la Gazeta Wyborcza. Conclusi gli studi pedagogici lavora come insegnante e pedagogo nelle scuole e come terapista. In tutti questi anni è stato anche parte dell’opposizione anticomunista. Ha scritto numerosi reportage, ha viaggiato e raccontato di Asia Centrale, Cina, Mongolia e Tibet dopo averli percorsi in bici. Ha vinto svariati premi letterari tra cui il “Grand Press” nel 1999 e nel 2003, e il “Bursztynowego Motyla” nel 2010 per il libro Biała gorączka – Febbre bianca.
Autore: Jacek Hugo-Bader
Titolo: Febbre bianca
Editore: Keller
Anno di pubblicazione: 2014
Pagine: 288
Prezzo: 16.50 euro