L’estate nera

L’estate neraCi sono libri che, pur vedendo la luce nel momento in cui vengono scritti e pubblicati, hanno la fortuna o, meglio, il “merito”, di vedersi concedere una seconda opportunità. E se per la maggior parte dei romanzi il passare del tempo non è che causa di oblio, altri – non molti, a dire il vero – riescono a farsi leggere ed apprezzare da nuovi lettori e a ispirare persino la trama di un film.

E’ sicuramente questo il caso de L’estate nera di Remo Guerrini. Uscito per Mondadori nel 1992, il romanzo ebbe favorevoli critiche dalla stampa e dai lettori. Ripubblicato, dopo ben ventun anni, da Newton Compton con un leggerissimo editing, anche in vista dell’uscita di un film ad esso ispirato, Eppideis, con Gianmarco Tognazzi, è stato protagonista di un nuovo successo editoriale.

La prima parte della vicenda si svolge nel 1962, ad Altavilla, un paesino che “non esiste nella realtà, ma assomma le caratteristiche di una serie di altri borghi del basso Monferrato (fra i quali c’è, effettivamente, un’Altavilla)”.

L’estate sta trascorrendo calda e annoiata per un gruppo di ragazzini non ancora tredicenni: il ricco Massimino, “smilzo, dalle spalle secche, la faccia magra scavata sotto gli zigomi e un paio di occhiali di tartaruga che dovevano costare più di ventimila lire”; Attila, magro e alto, amante dei libri, figlio di un ex operaio, ora invalido civile a causa di un infarto; Federico, il figlio del proprietario dell’unica latteria del paese, un commerciante non sempre onesto; Canavesio, orfano di padre, sempre sporco e con i capelli rasati a zero dalla madre per evitare che gli venissero troppe croste, non certo ben visto dalle madri di Altavilla, ma comunque apprezzato perché capace di ammazzare gatti, topi, ragni, bisce e pernici; Saturnina, “una mora piccola, tutto pepe”, sempre pronta a mettersi in mostra e piuttosto disponibile con i ragazzi; Evangelina, che “era venuta al mondo con gli occhi verd’azzurri che sembravano fatti d’acquamarina, i capelli rossi e la pelle così chiara che bastava mezz’ora di sole per infiammarla” – nulla a che vedere con gli occhi e i capelli scuri dei genitori.

Tutto è pronto per uno degli eventi più importanti della stagione, la festa di compleanno di Massimino che, per tre mesi, oltre che il più ricco, sarà anche il più vecchio e dunque il capo, ma i discorsi del gruppo si concentrano su un’altra questione: la reale possibilità di far fuori Benni, lo scemo del villaggio, la “cattiva coscienza” di Altavilla.

Beniamino Mordiglia – un nome importante –, uomo solo, solitario e disprezzato dai suoi compaesani, è stato ricco in gioventù, e forse lo è ancora: di certo è padrone del rudere dove abita, la cascina Migliora, un tempo ben gestita dalla madre, e delle terre intorno, che l’incuria aveva trasformato in sterpaglia e sottobosco. In realtà, il poveraccio non ha mai fatto male a nessuno, eppure sono in tanti a desiderare che il diavolo se lo porti via, prima o poi. I ragazzi del gruppo sembrano avere i loro motivi per ucciderlo, ma i dubbi non mancano: anche ammesso di riuscirci, dove nascondere poi il corpo? Al cimitero? Nel bosco della Becca? In un pozzo? Il piano, comunque, prende forma e un giuramento segreto viene sugellato da una firma con il sangue.

La domenica scelta per la spedizione punitiva, ai quattro ragazzi si aggiunge anche Evangelina: tutti, non proprio inconsapevoli della propria crudeltà, si sentono autorizzati a compiere un gesto altrimenti considerato criminale. La paura è tanta, nonostante le armi che hanno portato con loro – una pistola, una roncola, un arco con le frecce avvelenate – e, prima dividersi per cercare Beniamino, decidono di mettere sotto sopra la Migliora. Poi, però, giunge la tempesta.

Il vento, l’acqua che scorre lungo le strade, l’intonaco delle case macchiato, le grondaie intasate: alla fine, nell’aria non resta che una nebbia fredda e nerissima, un vapore infernale nel quale una processione di fantasmi risale lentamente dalla Val Maggiora: Beniamino non si è visto in casa, nel pioppeto e nemmeno nella vigna: nessuno lo ha trovato e ciascuno fa ritorno alle proprie case.

Dopo trent’anni, però, durante l’esumazione di alcune salme nel cimitero di Altavilla per la traslazione di ciò che di loro è rimasto, il medico del paese, quel Santino Marchisio, figlio del macellaio, che durante l’estate del ’62 aveva più volte spiato Attila, Massimino e il loro gruppetto di amici, afferma che il buco nel cranio di Benni potrebbe benissimo essere stato fatto da un’arma, come una pistola per ammazzare i vitelli.

Il delitto, se c’è stato, è ormai prescritto, ma un caso viene comunque aperto dal maresciallo dei Carabinieri. E’ così che per i sei ragazzi di allora, ai quali il destino ha concesso vite molto diverse, il passato ritorna a chiedere il conto. Nessuno di loro ha dimenticato come si è conclusa quella vicenda – con il ritrovamento del corpo di Beniamino caduto nel pozzo della cascina, morto come, si è pensato, a causa del suo perenne stato di ubriachezza –, ma le nuove rivelazioni fanno sorgere dubbi sul possibile diretto coinvolgimento di uno di loro.

E in una guerra all’ultimo sangue fra sospetti e sospettati, la vicenda si conclude nel più tragico, orribile quanto inaspettato dei modi.

Sarà forse la vicenda di questo romanzo, ovvero il fatto di essere stato riproposto a vent’anni di distanza, ma sembra di parlare di un vecchio classico di genere. E con questo intendo dire che si tratta di un gran bel romanzo che, come tutti i classici, appassiona, colpisce, coinvolge e trasporta il lettore fin dalle prime pagine.

Innanzitutto per l’ambientazione, descritta in modo da apparire quasi più vera della realtà stessa: i lettori di una “certa età”, ritroveranno sicuramente anche un pezzo della loro storia personale; mentre gli altri, i più giovani, scopriranno un mondo dove “cazzo” era una parola che i ragazzi dovevano pronunciare con circospezione; dove i genitori dopo mangiato guardavano la pubblicità in tivù, prima Tic Tac, poi Arcobaleno e infine Carosello; dove le ragazze leggevano Arianna o Bolero Film, ascoltavano i dischi 45 giri, mangiavano il gelato Camillino e usavano come deodorante il Mum Rollette o il Bac spray…

Quando, ormai più che quarantenni, i sei protagonisti si ritrovano ad Altavilla, scoprendo che la vita non è stata particolarmente generosa, per loro non c’è più pace. Ognuno dubita degli altri e, in balia dei propri demoni e delle paure più profonde, pagherà un prezzo molto alto per una colpa forse solo immaginata e mai commessa.

Remo Guerrini è nato a Genova nel 1948 ed è giornalista da quasi quarant’anni. È stato direttore di «Epoca», «Il Giorno», «Focus», «Primo Piano» e dell’edizione italiana di «Selezione dal Reader’s Digest». Attualmente dirige il mensile «Meridiani». Nei primi anni Ottanta è stato, con Andrea Santini, il primo italiano a pubblicare spy-story nella collana Segretissimo. È autore di numerosi romanzi, racconti gialli, thriller e libri di fantascienza, alcuni dei quali sono stati tradotti in Francia e Germania. Tratto da L’estate nera, è in uscita nelle sale italiane il film Eppideis con Gianmarco Tognazzi.

Autore: Remo Guerrini
Titolo: L’estate nera
Editore: Newton & Compton
Anno di pubblicazione: 2013
Pagine:  430
Prezzo: 9,90 euro

*articolo di Lidia Gualdoni