Quando alle canzonette ci si ribellava

img_dg_newSalvatore Coccoluto, nel suo Il Tempo della musica ribelle. Da Cantacronache ai grandi cantautori italiani (Stampa Alternativa, 2012) esplora un movimento musicale alternativo a quello che gli italiani erano abituati a sentire negli anni Cinquanta e Sessanta. Nilla Pizzi con Grazie dei fiori, Vola colomba, Papaveri e papere istituisce un nuovo filone cosiddetto della “canzone all’italiana”, costituito da melodie semplici, poche note leggere e parole cariche di soffici pensieri. Il popolo italiano, sfinito dalla guerra, stava ricostruendo la propria vita, lontano dagli echi dei carro armati, dei bombardamenti aerei, del sangue e dei morti. La voglia di vivere si manifestava soprattutto con la frequentazione delle sale da ballo, la musica ascoltata era quella propagandata dal Festival di Sanremo. Un’evasione costruita con leggerezza, a cui un gruppo d’intellettuali ed artisti torinesi opposero altro tipo d’evasione, la volontà di “Evadere dall’evasione” secondo la felice definizione di Emilio Jona, un membro del gruppo più famoso dei Cantacronache.

Quale fu la loro innovazione ribelle? Michele L. Straniero e Sergio Liberovici vollero restituire dignità alla musica italiana tramutandola in strumento d’impegno sociale. Idearono i Cantacronache e per scrivere i testi chiamarono i letterati più rappresentativi del panorama italiano tra cui Umberto Eco, Franco Fortini, Italo Calvino, Gianni Rodari. L’esperienza dei Cantacronache è la risposta ad un maggiore bisogno di contatto con la realtà sociale, senza nascondere la presa di posizione politica. Dapprima dedito a brani originali, poi indirizzato verso la riscoperta del canto sociale il gruppo di  Torino espone un repertorio molto vario: canti della Resistenza provenienti dalla Spagna, brani contro la guerra come Viva la pace,o politici quale Per i morti di Reggio Emilia sulla strage di cinque operai avvenuta durante una manifestazione sindacale.

Poi è la volta del milanese Nuovo Canzoniere Italiano guidato da Gianni Bosio, l’anima intellettuale insieme all’etnomusicologo Leydi. Indimenticabili appartenenti del gruppo la mondina Giovanna Daffini, con la sua voce spontanea e la sua istintività, Caterina Bueno, cantante folk dedita al recupero del canto toscano, Giovanna Marini e la tradizione orale dei pastori di Agius, Paolo Pietrangeli con le sue Contessa e Valle Giulia diventate gli inni della rivolta studentesca, Gualtiero Bertelli e i suoi motivi in dialetto veneto, Alessandro Portelli portatore del vento di contestazione nordamericano. Nella parte finale, dopo la descrizione del leggendario Folkstudio e di alcuni suoi frequentatori come i famosissimi De André, De Gregori e Guccini, spazio per le nuove leve da Alessio Lega ai Gang, tenaci continuatori di un’esperienza da riscoprire.

Un volume ben costruito che utilizza frammenti di poesie musicali, interviste, fotografie e ci restituisce il pathos di un periodo di fermento popolare, dando voce ai loro diretti protagonisti con le rispettive e differenti visioni sul mondo sociale e musicale italiano.

Salvatore Coccoluto è collaboratore di diverse testate giornalistiche: LeiWeb, IlFattoQuotidiano.it, Radio Web Italia. Oltre a questo ha già all’attivo due volumi Il restauro del Padiglione Reale della stazione di Milano Centrale (2007), “Renzo Arbore e la radio d’autore – Tra avanguardia e consumo” (2008). Ha lavorato per diversi anni come copywriter.

Autore: Salvatore Coccoluto
Titolo: Il tempo della musica ribelle. Da Cantacronache ai grandi cantautori italiani
Editore: Stampa Alternativa
Anno di pubblicazione: 2012
Pagine: 115
Prezzo: 14 euro