Premio Bancarella 2012: vince Simoni. Intervista all’autore

mercantelibri-maledettiMarcello Simoni con Il mercante di libri maledetti (Newton Compton, 2011) ha vinto con 97 voti la 60esima edizione del Premio Bancarella a Pontremoli, precedendo Marco Buticchi autore del libro La voce del destino (Longanesi) che ha ottenuto 80 voti. Gli altri libri finalisti erano: “Prepariamoci” di Luca Mercalli (Chiarelettere), “Così in terra” di Davide Enia (Dalai), “I poeti morti non scrivono gialli” di Bjorn Larsson (Iperborea) e “Semina il vento” di Alessandro Perissinotto (Piemme).

A decidere la classifica con la bella vittoria di Simoni, che a caldo dichiara “Felicità, grande emozione e responsabilità. Da oggi dovrò impegnarmi ancor di più...”, è stato come da tradizione il voto di 194 librai e bancarellai italiani.

Nella pagina dei ringraziamenti del romanzo del giovane saggista, nuovo asso nella manica della Casa Editrice romana, l’autore annota: “Scrivere un romanzo è un lavoro solitario che richiede pazienza e raccoglimento. Parole che hanno dato i loro frutti giacché l’esordiente Marcello Simoni è stato a lungo il dominatore della classifica dei libri italiani più venduti con un thriller concepito come una caccia al tesoro.

Ambientato nel XIII Secolo in piena epoca medievale dove frasi enigmatiche scritte in codice e foschi omicidi si susseguono incessanti per la gioia dei lettori appassionati di gialli storici. “Anno del Signore 1205. Mercoledì delle Ceneri. Folate di vento gelido sferzavano l’abbazia di San Michele della Chiusa, insinuando fra le sua mura un’ode di resina e di foglie secche, e annunciando l’arrivo della bufera”. Il monaco Vivien de Narbonne credeva di essere al sicuro nel freddo Piemonte nell’Abbazia arroccata tra le Alpi, ma un emissario del Tribunale Segreto della Saint-Vehme era riuscito a trovarlo, perché l’uomo che indossava una Maschera Rossa cercava un libro custodito gelosamente dal monaco. Mentre tentava di fuggire dall’oscuro cocchiere che lo inseguiva mentre infuriava la bufera, Vivien de Narbonne trovò la morte cadendo in un burrone. “Il carro si fermò. L’oscuro cocchiere scese a terra e scrutò l’abisso. Ora l’unico a sapere è Ignazio da Toledo, pensò. Bisogna trovarlo. Tredici anni dopo la storia riparte proprio da questo personaggio, uomo affascinante e complesso, che ama coltivare l’arte del dubbio e che rappresenta il simbolo del pellegrino medievale i cui lineamenti moreschi, ingentiliti dalla carnagione chiara, parlavano fin troppo dei cristiani vissuti in Spagna a contatto con gli arabi.

Marcello Simoni dalla mente fervida e brillante ambienta una storia mozzafiato e avvincente, concepita con rigore storico e competenza tra Spagna, Francia e Italia, al centro della quale c’è un libro prodigioso Uter Ventorum (Oltre dei venti) antico manoscritto che contiene il metodo in grado di vincolare gli angeli, di costringerli a manifestarsi”. Gli angeli, cioè quei messaggeri spirituali “ovvero intermediari fra Dio e gli uomini. Attenzione però, perché come avverte un personaggio di questo libro che si legge tutto di un fiato “certe porte devono rimanere chiuse… ”. “Da adolescente sono stati formativi per il mio stile autori quali H. P. Lovercraft, Italo Calvino, Hermann Hesse, Jules Verne, Emilio Salgari e Jack London. In questo periodo preferisco Valerio Evangelisti, Fred Vargas, Arturo Pérez-Reverte, Wu Ming, Joe Lansdale e molti altri” ci ha dichiarato Marcello Simoni che abbiamo intervistato sull’onda del meritato successo.

Questo è quello che gli angeli mi hanno mostrato, ascoltai tutto da essi e tutto conobbi, io che vedo non per questa generazione ma per quella che verrà, per le generazioni future”. Libro di Enoch, 1, 2

Intervista all’autore.

Marcello, una grande emozione vincere il Premio Bancarella, la cui prima edizione fu vinta da Ernest Hemingway con Il vecchio e il mare.
“È stata una grande emozione prima di tutto essere ammesso nella sestina perché ero insieme a nomi molto grossi, tutti grandi professionisti. Non mi aspettavo di vincere, sinceramente. Perciò al fatto di essere ammesso alla sestina e di confrontarmi con bravi scrittori si è sommata la sorpresa quasi surreale di vedermi al primo posto. D’altronde questo va anche a crescere in me la consapevolezza del fatto che io adesso dovrò impegnarmi ancora di più perché come tu dicevi, i vincitori del Bancarella che vanno da Hemingway ad Umberto Eco, da Vittorio Sgarbi a Ken Follet, mi mettono naturalmente in una sorta di monito a spingermi a fare ancora meglio di quello che ho fatto. Almeno a provarci!.”

Secondo lei, il mercante Ignazio da Toledo, uomo riservato che conserva sempre un perfetto aplomb, cosa avrebbe pensato del grande successo del libro coronato da questa splendida vittoria?
“Avrebbe pensato che è giusto premiare i libri maledetti e chi cerca i libri maledetti perché sono proprio questi che spingono le persone a cercare la verità e a ribellarsi da quella che è la cosiddetta cultura di massa…”.

Una curiosità: com’è nata l’idea del romanzo?
“Volevo scrivere un thriller che avesse connotati un po’ particolari che lo distanziassero da una precisa collocazione di “genere” senza distaccarlo completamente dalla scia letteraria del “romanzo popolare”. L’intera trama poggia sul profilo del protagonista, un Ulisse medievale a metà strada tra l’antieroe e l’avventuriero disposto a tutto pur di appagare la propria curiositas. Ignazio da Toledo è in sostanza l’antitesi della fede, il prototipo dell’uomo moderno proiettato verso la scoperta pseudo-scientifica del mondo e del divino”.

È vero che Il mercante di libri maledetti fa parte di una trilogia che ha già scritto?
“Assolutamente sì. Ignazio da Toledo ritornerà in altri romanzi per indagare su diversi e inquietanti aspetti dell’esoterismo medievale. Il continuum della saga verrà scandito non solo dalla progressione cronologica ma anche dalle vicende familiari a sfondo delle vicende”.

Chi è veramente Ignazio da Toledo, perché “a volte fu giudicato saggio e colto, a volte infido negromante”? “Neppure Ignazio saprebbe rispondere a questa domanda, perché è caratterizzato da una psiche in perpetuo mutamento, proprio come le rughe della sua fronte che s’increspano di continuo, mosse da una burrasca di pensieri. Ignazio è fondamentalmente una contraddizione ideale – essendo un mercante di reliquie diviso tra sacro e profano – ma anche un cortocircuito emotivo, nascondendo dietro l’apparente impassibilità, un’intensa vita emozionale. Dal punto di vista sociale è un outsider che però gode (all’occorrenza) di spiccate capacità di adattamento, sebbene la sua genialità e il suo interesse per l’arcano lo avvicinino alla figura del magus, termine medievale usato per definire stregoni e negromanti. Oggi come allora, i liberi pensatori non avevano vita facile…”.

L‘Uter Ventorum quel libro “in grado di sciogliere misteri inimmaginabili, al di là delle cognizioni di qualsiasi filosofo o alchimista” è esistito veramente?
“L’Uter Ventorum è uno pseudobiblion, ovvero un libro che esiste soltanto perché ne parlano altri libri. Proprio come il famigerato Necronomicon. Ma allo stesso tempo, lo sfuggente manoscritto descritto nel mio romanzo si fonda su contenuti realmente documentati. Per comporlo ho attinto dalle principali fonti del sapere antico e medievale, soprattutto testi di matrice esoterico-orientale, e in un certo senso lo si potrebbe intendere come un capostipite del De philosophia occulta di Cornelio Agrippa. Perciò, a conti fatti, come potrei affermare con sicurezza che un libro del genere non sia mai esistito per davvero?”.

Considerata la sua professione di bibliotecario, quali fonti e documenti ha consultato per la stesura del volume che colpisce per la cura dei dettagli e per la perfetta ambientazione?
“La documentazione per realizzare questo romanzo ha richiesto molto tempo. Tempo che non riuscirei a quantificare dato che ho alternato le fasi di scrittura a quelle di ricerca. La mia formazione di medievista mi è stata di aiuto, ciò nondimeno ho dovuto approfondire diversi aspetti della cultura magico-talismanica, della teologia (specie l’angelologia) e delle correnti ereticali e settarie del XIII secolo. Credo sia bene precisare che non mi sono limitato a consultare i manuali. Ho letto anche stralci delle fonti medievali, specie i testi dei Padri della Chiesa e le citazioni sull’ars diaboli e sulle pratiche evocative. Ma anche la ricostruzione degli scenari ha richiesto non poco impegno”.

L’Abbazia di San Michele della Chiusa richiama quella del monastero benedettino teatro delle vicende narrate ne Il nome della rosa di Umberto Eco. Che cosa ne pensa?
“Mi sento molto lontano da Eco, scrittore che apprezzo ma che possiede stile e finalità talmente diversi dai miei da apparire quasi antitetici. Io scrivo thriller, non gialli. Nelle mie storie imprimo un ritmo totalmente differente, volto all’azione e agli inseguimenti, ben lungi dal voler dare sfoggio di erudizione. Per dirla in breve mi ritengo meno saggistico rispetto al noto semiologo, senza contare che i personaggi preferisco ucciderli in diretta e non farli trovare già morti… la mia è una vocazione al sangue, non solo alla storia. Credo in definitiva di aver scritto un romanzo popolare un po’ gotico, un po’ salgariano, che non c’entra nulla con Il nome della rosa se non per la rievocazione di libri perduti e di ambientazioni claustrali… il mio è un racconto itinerante scritto soprattutto con la finalità di regalare qualche ora di svago”.

Sapere. Potere. Udire. Tacere”, così scriveva Zoroastro. Per quale motivo il thriller medievale è un genere letterario che riscontra un grande interesse da parte dei lettori?
“Perché il thriller possiede due componenti da sempre in grado di catturare l’interesse del lettore: il concatenarsi di omicidi e il tema della ricerca. Inoltre questo genere letterario ha la capacità di inglobare dentro di sé elementi propri di altri stili narrativi – il mistery, il gotico, il noir, lo storico e l’avventuroso – rimanendo sempre fedele a se stesso ma allo stesso tempo rinnovandosi di continuo e coniugandosi in una prospettiva quasi “assoluta”. Chi ha detto che la letteratura di genere deve per forza essere un prodotto di serie B?”.

Infine una domanda degli appassionati: ci può svelare in anteprima la data di uscita del secondo volume della Trilogia?
La prossima avventura di Ignazio da Toledo dal titolo La biblioteca sotterranea dell’alchimista approderà in libreria il prossimo ottobre. Il secondo volume della Trilogia vedrà impegnato Ignazio tra intrighi di corte, occulti esperimenti alchemici e sette religiose perseguitate. Forse prima ci sarà una sorpresa… ”.

Marcello Simoni è nato a Comacchio il 27 giugno 1975. Laureato in Lettere, archeologo e ricercatore storico svolge ora la professione di bibliotecario. Ha all’attivo diverse pubblicazioni di etruscologia, storia e agiografia. Ha partecipato all’antologia 365 racconti horror per un anno a cura di Franco Forte (2011). Altri suoi racconti sono usciti per la rivista letteraria Writers Magazine Italia. Il mercante di libri maledetti è il suo primo romanzo già pubblicato con successo in Spagna nel 2010 con il titolo El secreto do los 4 ángeles (Edizioni Boveda).

Ricordiamo inoltre che “Il mercante di libri maledetti”è ascoltabile anche in versione audiolibro (Emons 2012) letto dall’attore Stefano Pesce. Citiamo infine le strabilianti cifre di un grande successo: ha circa 300mila copie risultando per oltre sei mesi tra i primi 10 romanzi più venduti di narrativa italiana, per 10 settimane nella Top Ten. Il volume ha vinto il Premio Letterario Emilio Salgari.

Autore: Marcello Simoni

Titolo: Il mercante di libri maledetti

Editore: Newton Compton

Anno di pubblicazione: 2011

Prezzo: 9,90 euro

Pagine: 288