“Clint Eastwood”. Una monografia sul grande regista

NUMERO 10

Amo il cinema ma non sono uno studioso della settima arte. Ma come tutti gli amanti ho delle preferenze. E Clint Eastwood, l’ultimo Clint Eastwood è una di queste. Per questo mi sono incuriosito di questa “monografia critica” che nel titolo riporta solo il nome del regista americano, Clint Eastwood (Pellegrini, 2012), con il cognome stampato sulla copertina con carattere molto grande (rispetto al resto) e sotto la bandiera statunitense, sorretta dai soldati in una scena di “Flags of our fathers” (o forse era “Lettere da Iwo Jima”?).

In fondo, in ombra, la protagonista di “The million dollar baby” (è nato con lei il mio amore?) con guanti e saccone, anch’essi neri e il cruccio di J. Edgar, l’uomo dai troppi segreti che il regista ha voluto “raccontare” nella sua ultima fatica.

Il merito del volume – ottimamente curato da due ricercatori italiani (Alessia Cervini dell’università di Messina e Alessandro Canadé di Cosenza) e composto da dieci testi, nove saggi più una introduzione, scritti da altrettanti studiosi (oltre ai curatori abbiamo scritti di De Gaetano, Dottorini, Venzi, Bruno, Roberti, Azzali, Cappabianca) – è quello di non fare una cronistoria dell’autore ma di parlarne attraverso delle macro tematiche.

L’autore non è trattato come tale ma come “il nome proprio di un mondo che lo sovrasta”. L’impegno dei curatori (e degli autori) è stato quello di “tracciare le coordinate” di questo mondo.

“Adozione”, “Amicizia”, “Esemplarità”, “Icona”, “Inattuale”, “Incarnazione”, “Perseveranza”, “Spettralità”, “Tragico” sono i nomi che delimitano i capitoli-sequenze ma sono soprattutto “parole” di un “lessico” a partire dal qualesi può individuare la singolarità di un mondo.

Eastwood è un autore complesso perché riesce a tessere diversi livelli, gioca e si mette in gioco con estrema facilità. In “Gran Torino” mette in discussione se stesso, la sua idea americana; in “Flags of our fathers” /  “Lettere da Iwo Jima” capisce che la storia è raccontata da un solo punto di vista e non ci si può fermare su quella visione.

Quelle del regista sono “prove che ci mette di fronte la vita”, il soggetto può implodere e dissolversi o esplodere e venire fuori. Eastwood è contemporaneo perché uomo del nostro tempo ma fugge dalla contemporaneità “perché si colloca al di là di ogni adesione al carattere ludico, citazionista, frammentario del cinema postmoderno, e di ogni visione critica e apocalittica del presente.

Insomma un libro per tutti (studiosi di cinema e semplici “interessati”) ben curato e ben fatto, che se non aggiunge niente all’opera di Eastwood, ne riesce a trarre notevoli spunti di riflessione.

Alessandro Canadè è ricercatore di cinema presso l’Università della Calabria. È autore del volume Paul Schrader. Tecniche di sceneggiatura e pratiche di regia nella New Hollywood (Le Mani), menzione speciale al Premio Filmcritica-Umberto Barbaro nel 2005. Ha curato i volumi, Aroldo Tieri e il cinema (Pellegrini), Corpus Pasolini (Pellegrini), Clint Eastwood (Pellegrini) e ha redatto alcune voci per il Dizionario dei registi del cinema mondiale (Einaudi). Suoi saggi sono apparsi su “Segnocinema” e “Close-up”. È caporedattore della rivista Fata Morgana. Quadrimestrale di cinema e visioni (Pellegrini). Ha curato diverse rassegne cinematografiche.

Alessia Cervini è ricercatrice di cinema presso l’Università di Messina. Si è laureata in Filosofia presso l´Università “La Sapienza” di Roma; ha poi conseguito il titolo di dottore di ricerca in “Estetica e Teoria delle Arti” all´Università degli Studi di Messina. È stata assegnista di ricerca presso l’Università della Calabria. Ha pubblicato diversi contributi in rivista e volumi collettivi e curato la redazione e la postfazione del libro Emilio Garroni, Scritti sul cinema, Aragno, Torino. È autrice del volume: S.M. Ejzenstejn. L´immagine estatica, EdS, Roma 2006.

Autore: Alessandro Canadè e Alessia Cervini (a cura di)

Titolo: Clint Eastwood

Editore: Pellegrini

Anno di pubblicazione: 2012

Pagine: 248

Prezzo: 18 Euro