Capire Carlo Emilio Gadda. Pezzi di storia italiana

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Semplicemente Gadda s’intitola un piccolo volume Einaudi sul meraviglioso scrittore milanese (non un “grande minore” come anni fa disse l’autore di almeno un paio di romanzi bellissimi, che non proprio a ragione gli è stato spesso accostato, Aldo Busi). L’autore è Mauro Bersani.

Nel libro testi e biografia s’intrecciano secondo una prospettiva critica per anni vituperata: cercare nella vita e in certi più o meno acclarati contrassegni psichici ragioni per le future declinazioni di poetica. Il che può essere volta per volta funzionale, (in)utile, interessante oppure può proprio portarci fuori strada.

La nevrosi gaddiana, le sue fasi depressive, certe derive paranoiche e i tratti persino estremi di dissociazione fra ragioni impulsi ossessioni opposte appartengono al catalogo di conoscenze ovvie quanto obbligate di ogni suo lettore. L’ambivalenza e la conflittualità ne costituiscono segni irrinunciabili. Alla base  v’è secondo Bersani una sostanza psichica tragica, fratta: da cui deriva un’ermeneutica della scissione. In luogo di un’impossibile sintesi hegeliana, un’irreparabile ma artisticamente direi fruttuosissima incapacità di conciliare gli opposti. E come spesso ma non sempre accade (ancora Busi soccorrerebbe all’eccezione), è l’indisponibilità della parte volontaristica di sé al caos che pulsa da tutte le parti (dentro e fuori) a creare l’opera – stante genio e talento, si capisce.

Bersani lo racconta a partire dall’adesione entusiastica e sospetta di Carlo Emilio alla prima guerra mondiale. Un afflato vitalistico più compensativo che come dire, endogeno, la cui scaturigine stava proprio in un deficit di “presenza” fisica (ma il veleno della guerra s’insinuò nelle vene di un numero impressionante di intellettuali…). Nel “Giornale di guerra e di prigionia” si adombra persino un qual senso di colpa per essere stato catturato dal nemico, che è un modo paradossale da parte dello scrittore di richiamare vanamente una dimensione eroica tanto agognata quanto fuori portata. Lo stesso abbraccio iniziale con il fascismo – nonostante il subitaneo disincanto per l’e(ste)tica viriloide dei guerrafondai – se da una parte rispondeva alla “natura” politica di conservatore classista, dall’altra nascondeva un bisogno d’ordine che è innanzitutto mentale, personale – però non sarei d’accordo con la sottovalutazione che fa Bersani di un testo tutt’altro che accidentale  come Eros e Priapo. Se pure vi si accampano ragioni opportunistiche e anche se riflette la tragicomica misoginia del suo autore, ciò non toglie valore all’opera. Sta qui credo un rischio possibile di ricorrere alla vita (“interiore” o fattuale) dell’autore per interpretarne i testi: fossero anche stupratori di minorenni, un grande scrittore come un artista, un fisico, un pallanuotista non per questo smetterebbero di esserlo.

A ogni modo, il libretto di Bersani dice bene l’irripetibile combinazione di una personalità a dir poco problematica, persino buffa nelle sue ossessioni, ma dolorosissime, con la sua splendida storia letteraria, compresi i peculiari tratti formali e stilistici – derivanti infine, direi, da un’epistemologia involontaria: lo “gliuommero” del Pasticciaccio, che è indecifrabilità del mondo e contraddizione intima (basterebbe ricordare come fa Bersani che “Gadda è sterniano per natura, ma vuole a tutti i costi fare il romanzo sociale ottocentesco”).

Benvenuta, alla fine del volume, quella che una volta tanto possiamo definire una vera bibliografia ragionata di uno degli autori più importanti del nostro ‘900 (e uno dei meno davvero letti, ovvio, dal cosiddetto “grande pubblico”) – bibliografia che delinea le chiavi interpretative prevalenti negli studi gaddiani. E correttamente ricorda innanzitutto il fondamentale studio di Gian Carlo Roscioni, La disarmonia prestabilita (prima edizione, 1969) principale creditore di questo libro, e non solo.

Autore: Mauro Bersani

Titolo: Gadda

Editore: Einaudi (PBE)

Anno di pubblicazione: 2012

Prezzo: 17 euro

Pagine: 145