U.S.A. & movimenti culturali. Quei “lunghi anni sessanta”

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Considerando la specola ermeneutica-storiografica da cui è scritto, il saggio di Bruno Cartosio, I lunghi anni sessanta (Movimenti sociali e cultura politica negli Stati Uniti), penso sia riassumibile nella citazione di Marc Bloch posta in epigrafe.

L’idea è che il presente è fondamentale per comprendere il passato almeno quanto è vero il contrario. L’assunto centrale del saggio dunque non può prescindere dal fatto che abbiamo un nero alla Casa Bianca, e che Obama nel 2008 si sia giocata la partita dell’elezione contro una donna. Ne viene che senza la lunga stagione del cosiddetto “movimento” – che a) ingloba neri, donne, femministe, liberali di sinistra, beat, studenti etc; b) non era certo privo di contraddizioni al suo interno essendo la parola stessa un segno convenzionale per dire cose diverse; c) non si ferma(va) agli anni sessanta, atteso che pure l’indicazione cronologica come sempre accade è fin troppo sommaria – senza le lotte per i diritti civili e sociali insomma di varie categorie ostili al potere conservatore dell’America bianca e borghese, non si sarebbe potuto immaginare lo scenario descritto all’inizio.

Ora, a parte il fatto che è uno studioso di cose americane, Cartosio sa bene che il piano simbolico non esaurisce affatto la realtà. E che nonostante vi sia un nero alla Casa Bianca, la concreta realtà effettuale sia proprio oggi assai poco entusiasmante, con un rinculo ideologico che data però diversi anni e in fondo coincide con il più generale riemergere di un’aggressività destrorsa molto marcata innanzitutto sul piano del lavoro e della distribuzione della ricchezza. Ciò negli Stati Uniti ha significato ri-definire il recente orizzonte storico nel segno della guerra, di un nuovo indebolimento delle minoranze, delle rappresentanze sindacali, dell’impoverimento della scuola pubblica etc. Cose che conosciamo anche in Europa. Ma Obama (e con lui Cartosio) ha buon gioco a ricordare come suo nonno non potesse entrare nei suoi stessi bar..

Ora, le aspettative da lui suscitate sono andate piuttosto deluse e anche questo lo sappiamo, ma il libro di Cartosio è importante per mostrare come gli Usa più retrivi furono (e siano stati) costretti ad arretrare e a perdere posizioni in virtù di una domanda di cambiamento che conobbe anche aspetti drammatici. E duri – non c’è solo insomma il folclore ludico di Woodstock. C’è Rosa Parks, per dire, e un gesto coraggioso, una militanza pagata con un impegno fisico e morale ammirevoli. Con una portata storica inimmaginabile, il che può dirsi anche delle rivolte femministe o degli studenti, o della stessa fenomenologia sociale legata al mondo delle nuove musiche, più o meno giovanili o underground: la novità consisteva nella dimensione collettiva di certi fenomeni. Afroamericani in Alabama, Luther King e Malcom X, figli contro padri, la denuncia epocale dell’oscenità del Vietnam… Il libro di Cartosio racconta tutto, in un saggio storico documentatissimo, approfondito ma molto leggibile, che non nasconde come la debolezza maggiore del “movimento” abbia in fondo contrassegnato proprio il mondo del lavoro. Forse non un caso, visto quello che accade oggi.

Autore: Bruno Cartosio

Titolo: I lunghi anni sessanta (Movimenti sociali e cultura politica negli Stati Uniti)

Editore: Feltrinelli

Anno: 2012

Pagine: 396

Prezzo:  25.00