Ghelli, il racconto reinventato

oramigliore-ghelliSimone Ghelli ha scritto un libro insolito. “L’ora migliore e altri racconti” (Il foglio letterario, 2011) difatti sono tali (almeno alcuni di essi) solo derogando alla poliziesca o mercantile mania di classificare qualsivoglia testo venga messa in commercio prima ancora che questo accada: gli editori ne sanno qualcosa, presi dal panico di non vendere gli oggetti desueti che qualche buontempone pur provvisto di talento si ostina a sottoporgli.

Una decina di testi brevi e brevissimi quelli di Ghelli che in alcuni casi soddisfano le aspettative del lettore a caccia di una storia, in altri se ne infischiano e seguono l’andamento stralunato ma non troppo di una mente divagante, disposta a seguire i voli imprevedibili di fantasie lucide e capricciose per vedere come va a finire.

L’ora migliore sta nell’interstizio fra veglia e sonno, in una sospensione irrisolta che è anche però una dichiarata assunzione di metodo. Quando le parole giuste arrivano (e un momento dopo potrebbero essere già sparite, inghiottite dal nero del sonno, della dimenticanza) ronzanti, a volte picchiettanti come in un gorgoglio di sabbie mobili, vanno a posarsi dentro spazi per se stessi già instabili, quasi fantasmatici: non si preoccupano di definire una sequenza di fatti, com’è delle storie con trame e personaggi, quanto di catturare immagini la cui verità sia detta da una scansione esatta della parola stessa: la partita caso mai si gioca sull’interpunzione. Sulla pausa. Sull’a capo. Com’è della poesia, che in realtà sembra una tentazione nemmeno troppo nascosta di questo lavoro. Il brano Osvaldo, in effetti, due pagine due, è più una poesia che un racconto.

La parola
(e di rado Ghelli le sbaglia: personalmente, pene e vagina le casserei dal vocabolario fatta eccezione per un utilizzo burocratico-scientifico e/o parodistico) sembra galleggiare, sprofondare e poi riemergere in un’acqua immaginativa quasi embrionale, sembra crollare dentro il limbo originario in cui figure e movimenti e oggetti sono ancora solo ipotesi, possibilità di storie, piccoli mondi in fabbricazione. Sebbene la tentazione poetica leghi con un filo rosso molte di queste pagine, la raccolta non si risolve in questo. In certi momenti, l’acqua, che sembra sgusciare da tutte le parti e portarsi via la definizione concreta, tangibile delle forme materiali, lascia spazio a fisionomie condensate, più asciutte. Ma non per questo pesanti.

Ci si arrischia così a provare l’aria (“noi scrittori non facciamo altro che annusare l’aria e captare queste strane sostanze che essa si porta dietro”); si prova a volare, insomma, lo fanno certe frasi lunghe ma controllate, e in questi casi le storie acquistano un peso maggiore, sebbene la cifra di quello che definirei un minimalismo visionario tenga ragione anche dei brani dalla più marcata vena narrativa: immagini di crolli, apparenze dettate dalla paranoia, sbandamenti psicofisici. Non casualmente forse, il racconto che chiude la raccolta, Passaggi dagli sconosciuti, coniuga il meglio di questo libro.

L’accento onirico non è scomparso ma disciplinato in una narrazione di fatti e persone come letta da una macchina da presa – l’altro demone a mio avviso nascosto in queste pagine, il cinema. La prosa sollecita un’attenzione visiva continua, uno sguardo acuminato e febbrile segue la corsa in macchina di un gruppo di ragazzi dai cervelli in piena bagarre psichedelica – sarebbe un ottimo corto. Difatti il racconto non ha molto spazio nell’editoria così come il corto è cinema solo per pochi appassionati.

Il racconto lo si vuole così e colà, come se le forme fossero nozioni ontologiche e non storiche. Ghelli scrive piccoli corti poetici: c’est tout.

Simone Ghelli. Cecina (LI), 1975. Scrittore e critico cinematografico. Ha pubblicato due saggi – L’Atalante in Jean Vigo (Traccedizioni, 2000) e La tradizione grottesca nel cinema italiano (L’Orecchio di Van Gogh, 2009) – e due romanzi – L’albero in catene (NonoSoloParole, 2003) e Il Pigneto liberato (0111 Edizioni, 2008). Dal 2009 è redattore della rivista cinematografica «Close up. Storie della visione». Nello stesso anno ha dato vita, insieme ad altri autori, al collettivo «Scrittori precari», il cui blog letterario è molto seguito in rete (www.scrittoriprecari.wordpress.com).

Autore: Simone Ghelli
Titolo: L’ora migliore e altri racconti
Editore: Il Foglio
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 10 euro
Pagine: 81

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