Matilde Ferraris, protagonista de “La libraia di Orvieto” di Valentina Pattavina (Fanucci, 2010) sta scappando. La sua è la quarta fuga in quarant’anni, prima è stata a Milano, poi a Brunico e poi è ritornata nella sua città natale, Roma.
Ora sta viaggiando in treno verso Orvieto “città antica e bellissima”. Con sé porta pochi vestiti, due libri La storia di Elsa Morante e Il libro di Giobbe, il PC e la bicicletta elettrica “nel vagone di testa, guardata a vista dal capotreno”.
A Orvieto Matilde trova lavoro presso una libreria antiquaria “i libri, passione di una vita” con le vetrine in stile inglese e l’interno con “toni ocra e arancio”. Il proprietario è il settantenne Professor Sergio Paolini dall’eloquio originale “al mignolo della mano destra porta un anello d’oro con una pietra d’onice incastonata”. Le case di Orvieto e la circostante campagna nella quale si trovano “conventi e borghi, ponti e sorgenti” nascondono un segreto: un antico delitto risalente a dieci anni prima…
Romanzo che è anche un giallo, nel quale il palcoscenico del cuore verde d’Italia, l’Umbria fa da sfondo ideale. È la provincia italiana, scandagliata con cura particolare in tutti i suoi aspetti. Felice esordio quello dell’autrice che rivela una profonda cultura e una buona dose d’ironia nel descrivere i bizzarri personaggi che animano la cittadina umbra. Il volume uscito poche settimane fa è già alla sua seconda edizione. Viene il desiderio di visitare Orvieto con in mano il libro come Baedeker.
Abbiamo intervistato l’autrice.
Com’è nata l’idea di scrivere un romanzo su una donna che cerca se stessa?
“Più che una donna in cerca di se stessa, Matilde è una donna in fuga perché in cerca di pace. Quando l’editore mi ha proposto, in modo del tutto inatteso, di scrivere un romanzo, ho voluto misurarmi con un genere più diffuso in cinema e tv che in narrativa, cioè la commedia nera. Mi serviva perciò una trama principale che disegnasse la quotidianità nei suoi aspetti tragici, malinconici e anche comici, e poi una sottotrama misteriosa che scorresse parallela alla principale fino a ricongiungersi nel finale. Mi era parso che catapultare una figura dolente dalla grande città alla provincia, e innestarla quindi nella nuova realtà, fosse la via migliore per far dipanare una storia che doveva muoversi su più registri per rimanere in piedi. Le chiusure interiori della protagonista permettevano paradossalmente delle aperture su un mondo altro, diverso da tutto quello che Matilde aveva vissuto fino al momento di trasferirsi a Orvieto.”
“Una nuova vita mi aspetta”. Da che cosa sta scappando Matilde?
“Da un passato tragico che l’ha segnata nel profondo e che non ha mai voluto guardare in faccia. Ha preferito lasciarsi alle spalle le macerie e farle accumulare, anziché spalarle e sgombrare il terreno dal dolore che la devasta; un’operazione che richiede un coraggio e una forza che lei non sente di possedere. Si è consegnata così a un destino di malessere e solitudine, e ha vissuto nell’illusione che fuggire e cambiare aria spazzi via i problemi con le loro conseguenze. Ma non è mai così. I problemi e i dolori vanno presi di petto se si vuole guardare oltre.”
Un’antica cittadina come Orvieto può guarire le ferite dell’anima?
“Perché no? Anche se forse, più che guarirle, può aiutare a usarle come punto di partenza per ricostruirsi. Un posto più a misura d’uomo, dove si vive secondo ritmi lenti e meno frenetici, può fare miracoli. Di fatto, con Matilde accade proprio questo; anche grazie alla comunità buffa e bislacca che l’accoglie a braccia aperte, consentendole di acquisire una consapevolezza a lei fino a quel momento sconosciuta.”
Ha scritto quattro monografie dedicate a grandi attori italiani, che cosa rappresenta per Lei il cinema?
“È più cose. È un luogo in cui mi muovo per lavoro e dunque da affrontare con la serietà e l’impegno del caso. Ma è anche passione, incanto, divertimento, apertura, così come lo è il teatro; così come lo è qualsiasi ambito ci permetta di proiettarci in una realtà altra, in una rappresentazione diversa, e in fondo giocosa, del mondo in cui ci muoviamo, che in genere tendiamo a vedere unicamente attraverso la lente limitante del nostro solo sguardo.”
Valentina Pattavina è nata a Catania nel 1968. Ha studiato Archeologia. Dopo un’intensa attività nel mondo dello spettacolo, nel 1966 si è affacciata nell’editoria. Insieme a Vincenzo Mollica, dal 1999 cura la serie Parole e canzoni pubblicata da Einaudi Stile Libero e dedicata ai cantautori. Per la stessa collana tra il 2008 e il 2010 ha scritto quattro monografie dedicate a Totò, Alberto Sordi, Paolo Villaggio e Ugo Tognazzi.
Autore: Valentina Pattavina
Titolo: La libraia di Orvieto
Editore: Fanucci
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 16 euro
Pagine: 256
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