Scoprendo mio padre. Parlano Salce e Pergolari

luciano-salceNella biografia intitolata “Luciano Salce. Una vita spettacolare” (Edilazio, 2009), di Emanuele Salce e Andrea Pergolari, il figlio coglie l’occasione del ventennale della scomparsa del padre Luciano, avvenuta a Roma il 17 Dicembre 1989, per compiere un viaggio nella memoria alla scoperta dell’uomo. Salce visto attraverso i ricordi delle persone che lo conobbero, lo frequentarono e lo stimarono. VIDEO/Guarda il documentario “L’uomo dalla bocca storta

L’interessante monografia è divisa in due parti, la prima contiene la biografia completa dell’artista, la seconda comprende una serie di illustri testimonianze iniziando dal fratellastro Guido Salce, toccante la sua rievocazione del ritorno di Luciano a Roma dal campo di prigionia di Dachau nel Maggio ’45 dal quale era riuscito a fuggire, passando per Luigi Squarzina, Franca Valeri, Ennio Morricone, Catherine Spaak, Diletta D’Andrea moglie di Salce e madre di Emanuele, Paolo Villaggio, Lelio Luttazzi, Giorgio Albertazzi, Ettore Scola e molti altri insieme a 150 foto inedite che Emanuele ho scovato, come scrive nella prefazione, aprendo “scatoloni, bauli, faldoni, album fotografici, diari e quant’altro mio padre mi aveva lasciato dopo la sua dipartita“.

Il lettore sfogliando le pagine della biografia, la prima dedicata a Salce, scoprirà molti lati inediti pubblici e privati, ritroverà la sua ironia elegante che nascondeva la sua sensibilità, ricorderà i suoi film come attore e come regista, come dimenticare Il federale da lui diretto nel 1961 con Ugo Tognazzi, divertente ed intelligente sberleffo del fascismo nell’Italia del ’44 in piena confusione post 8 Settembre ’43, o La voglia matta del 1962 con Catherine Spaak, giovane e conturbante ninfetta, nel ’69 Il Professor Guido Tersilli… con Alberto Sordi, satira dissacrante sulle cliniche di lusso, per finire con Fantozzi (1975) e Il secondo tragico Fantozzi (1976), geniale invenzione della maschera tragicomica del Ragionier Ugo interpretato da Paolo Villaggio, eterno impiegato perdente con figlia di esasperante bruttezza, la mitica babbuina Mariangela, che ha fatto ridere e che tutt’ora fa ridere intere generazioni di spettatori. Tutto questo fu Luciano Salce nato a Roma nel 1922, ma non solo, fondamentale fu la durissima esperienza nei campi di prigionia tedeschi “per due anni ho visitato quel paese senza spendere una lira, completamente gratis”. Frase che sottolinea il carattere sarcastico, raffinato e pungente di questo regista, attore ed autore satirico tra i più importanti e completi del Novecento italiano. Lo scorso 19 Ottobre al Festival Internazionale del Film di Roma è stato presentato il documentario L’uomo dalla bocca storta diretto da Emanuele Salce insieme al critico Andrea Pergolari che possiamo considerare un’anteprima per immagini, un’ideale anticipazione di questa monografia che sarà presentata alla Casa del Cinema di Roma il 21 Dicembre prossimo.

Abbiamo incontrato Emanuele Salce e Andrea Pergolari.

Pilantra. Il viaggio incomincia da qui“. Così inizia la biografia. Chi è Pilantra?
Salce
: “Pilantra era lo pseudonimo che usava mio padre per firmare certe canzoni soprattutto quelle dei suoi film. Pilantra in portoghese vuol dire birbante, mascalzoncello, era una sua simpatica chiave di porsi rispetto a certi suoi lavori, non so bene se quelli che non volesse riconoscere o quelli che buttava via con più leggerezza. Questo pseudonimo è piaciuto molto ad Andrea che ne ha fatto una chiave di lettura di papà, il quale nella sua vita non ha mai voluto prendersi troppo sul serio, tipica sua caratteristica.”
Pergolari
: “L’attività di musicista di Salce è una delle cose meno conosciute, e quindi più interessante da scoprire, e che andava perfettamente ad inquadrarsi nella sua personalità fortemente autoironica, infatti anche per un’attività così si divertiva ed usava questo pseudonimo come se fosse una definizione ancora più precisa della sua personalità.”

Sua nonna paterna morì pochi mesi dopo il parto, quindi Suo padre trascorse l’infanzia e l’adolescenza in collegio a Frascati. Quanto influì tutto questo nella sua formazione di uomo ed artista?
Salce: “In quella di uomo è stata decisiva. I primi anni sono stati difficili anche perché prima di capire il rapporto che ho avuto con mio padre ho dovuto capire il rapporto che avevo con me stesso, facendo introspezione… quello che si chiama crescere. Solo dopo aver compiuto questo percorso di crescita sono potuto arrivare ad avere una più chiara lettura del rapporto che ho avuto con papà anche riscoprendo il suo percorso di vita, perché a sua volta lui aveva avuto un rapporto difficile con il proprio padre durante la sua infanzia. Ovviamente tutto questo ha influito nella sua formazione di artista, anche se papà non si è mai fermato ai suoi lutti, non si è mai pianto addosso, non se la prese nemmeno con i tedeschi salvo farne una garbata ironia interpretandone certi caratteri in alcuni film sia da attore sia da regista. Nel libro lo racconta bene mio zio Guido, mio padre ebbe la sua prima vocazione artistica al Nobile Collegio di Mondragone dove i gesuiti avevano messo su un teatrino nel quale si seguivano i primi corsi di regia e di recitazione. Qui nacque la sua passione artistica, la quale credo all’inizio la vedesse come un gioco, qualcosa che gli era mancato durante la sua infanzia con la mamma mancata poco dopo la sua nascita, messo in collegio dal padre e quindi si vedevano raramente. Fu la sua prima forma di evasione, una prima propensione al gioco, un impulso vitale, una sorta di voglia di sopravvivere.”

Salce dopo essersi diplomato all’Accademia Drammatica Silvio D’Amico iniziò l’attività artistica recitando nel Teatro dei Gobbi. Chi erano i suoi compagni di scena?
Salce: “C’era un quartetto che era ancora più sodale, chiuso ed unito: mio padre, Celi, Gassman, Squarzina, gli anni del caffè Aragno di Flaiano, in cui si sognavano carriere, si parlava di cosa avrebbero fatto da grandi se mai sarebbero diventati grandi. Erano molto uniti, mio padre e Vittorio scrissero anche un libro che non pubblicarono mai L’educazione teatrale, diario di bordo dei loro anni d’accademia dal punto di vita artistico e personale.”
Pergolari: “Il gruppo dei Gobbi era composto oltre che da Salce anche da Franca Valeri, Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci. Era una sorta di formazione jolly, perché a turno uno se ne andava. Cominciamo con Bonucci, Caprioli e Salce nel ’49 in Francia. Erano reduci da una tournée con Guido Salvini come regista dove avevano avuto delle esperienze di teatro cabaret all’Arlecchino, in Francia nel locale La Rose Rouge si misero alla prova proponendo brevi scenette mute ottenendo un grande successo. Infatti furono apprezzati dal drammaturgo Paul Claudel. L’anno seguente Salce partì per il Brasile dove raggiunse Adolfo Celi e venne sostituito da Franca Valeri, questo fino al ’54 quando Salce ritornò dal Brasile e sostituì a sua volta Bonucci. La formazione variava ma il contenuto no, proposero un tipo di teatro che ancora adesso è rappresentabile con sketch fatti di gag e battute mordaci. Per quanto riguarda i compagni d’Accademia di Salce quella del ’22 fu una generazione eccezionale: Vittorio Gassman, Luciano Lucignani, Adolfo Celi, Mario Landi, Luigi Squarzina, Tino Buazzelli.”

Emanuele ci racconta il periodo brasiliano di Salce?
Salce: “Mio padre andò in Brasile a raggiungere Celi che aveva fondato il Teatro Brasileiro di Comédia. Lì misero insieme piecès importanti La Signora delle Camelie di Alexandre Dumas ed autori come Tennessee Williams con grandi riconoscimenti, fino ad aprire una casa cinematografica La Vera Cruz, che fallirà miseramente ma che diede ad entrambi la possibilità di fare i primi film. Mio padre rimase molto legato a questa terra, fece molte amicizie ma ad un certo punto sentì la necessità di ritornare in Italia per ritrovare le proprie radici.”

Andrea, Luciano Salce fu anche uno scopritore di talenti. Desidera ricordarci l’episodio che riguarda Ennio Morricone?
Pergolari: “Prima di Morricone ricorderei tre persone: il suo direttore della fotografia Erico Menczer che veniva dalla scuola di fotografia di Gianni Di Venanzo uno dei più grandi direttori della fotografia italiani maestro del bianco e nero, e gli sceneggiatori Castellano e Pipolo i quali non furono scoperti da Salce ma fecero con lui i loro film migliori come sceneggiatori, cito Il Federale, La voglia matta, Le ore dell’amore, Il sindacalista. Morricone deve tanto a Salce. Il musicista scriveva le musiche dei film apparendo come arrangiatore e direttore d’orchestra. Incontrò Salce in televisione in un programma scritto da Scola e Salce Le canzoni di tutti dove Morricone lavorava come arrangiatore. Salce lo chiamò in teatro per due sue commedie, gli piacque e lo scelse per il suo primo film italiano Le pillole di Ercole, ma il musicista non venne accettato dal produttore perché non lo conosceva. Lo scelse allora per il secondo film, Il Federale. Compose la musica di tutti i primi film eccetto Le ore dell’amore. Salce e Morricone insieme hanno scritto molte canzoni, tra le quali Go kart twist successo di Gianni Morandi. Negli anni Sessanta Morricone aveva preso il via ed era diventato il musicista dei western di Leone, Salce gli disse “tu hai un temperamento epico, sacrale. Non puoi più lavorare con me perché io dirigo commedie“.”

Che genere di soggetto cinematografico avrebbe scritto Luciano Salce per descrivere l’Italia di oggi fatta essenzialmente di mondanità pubblicitaria, estremamente superficiale?
Salce
: “Come l’avrebbe raccontata? Credo senza farne un dramma… ma con stile, con la sua capacità di non prendersi troppo sul serio e di non esagerare perché mio padre è sempre stato una persona che si è sempre assunto la responsabilità di tutto ciò che ha fatto.”
Pergolari
: La cuccagna diretto da Salce nel 1962 è un film ancora attuale, contenente una forte critica nei confronti della nascente società dei consumi. Poi ci sono altri film come Colpo di Stato (1969), Basta guardarla (1970), Io e lui (1973). Sono film vecchi di 30/40 anni ma che raccontano l’Italia di oggi raccontando l’Italia di ieri come se il nostro paese fosse senza tempo e questo non è un buon segnale.”

Emanuele, delle tante rievocazioni presenti nel volume quale ricorda con più commozione o con divertimento?
Salce: “Sono tutte belle. Questo libro è stato anche un’occasione per stare con delle persone con le quali sono stato mille volte ma con le quali mai avevo parlato di mio padre, ognuno di questi personaggi ha potuto fornirmi con il pretesto del libro delle informazioni che altrimenti io non avrei mai avuto. Per questo motivo sono legato a ciascuna testimonianza presente nel volume.”

Andrea, quando vi siete conosciuti con Emanuele e com’è nata l’idea della condivisione del documentario e della biografia?
Pergolari: “Ci siamo conosciuti tramite un’attrice di Salce, Orchidea De Santis perché lei nel 2006 presso La Casa del Cinema aveva organizzato un omaggio a Salce. Mi sono laureato nel 2000 con una tesi su Steno, Salce e Pasquale Festa Campanile, quindi la voglia di conoscere Salce l’avevo da sempre, fin da bambino vedevo sia i suoi film sia i suoi spettacoli televisivi che sono stati tanti. Da parte mia l’idea del libro e poi del documentario è nata per curiosità, per riconoscenza nei confronti di una persona che ho sempre ammirato e che mi ha fatto sorridere ed ovviamente per mettere tutto questo a disposizione degli altri. Posso dire che lavorando insieme ci siamo completati a vicenda, da solo mai avrei aperto i bauli di ricordi del padre di Emanuele per un mio senso di pudore né sarei andato a bussare alle porte dei vari testimoni presenti nel libro anche se questo è il mio lavoro. Contemporaneamente Emanuele sentiva l’urgenza come figlio di conoscere non soltanto il padre dentro quei ricordi ma anche sul campo attraverso le persone che l’hanno conosciuto. Ogni intervista è un pezzo del padre che viene fuori e alla fine abbiamo composto un mosaico.”

Emanuele, quanto è stata importante la collaborazione con Andrea Pergolari, considerato che la monografia contiene una bibliografia esaustiva oltre all’elenco completo di tutta la sua attività artistica?
Salce: “Quando ho scoperto che c’era una persona, Andrea, che sapeva tutto su mio padre anche più di me, ho capito che c’era la possibilità di scrivere in due una biografia su Luciano Salce, anche perché finora non esisteva una monografia completa su mio padre, io ed Andrea abbiamo messo insieme una mini enciclopedia compreso le lettere private inedite scritte dai quattro amici Salce, Celi, Gassman, Squarzina nelle quali si percepisce benissimo quello che era il panorama artistico di quel periodo. In due ci si spalleggia meglio è anche una ricchezza usufruire del punto di vista di un’altra persona, ricordo che Andrea andava in biblioteca a fare ricerche, in emeroteca, conservava i ritagli dei giornali, registrava con pazienza tutte le testimonianze e poi le trascriveva, ha fatto un lavoro impagabile. Avevo bisogno di qualcuno che mi stesse vicino fisicamente nel momento dell’apertura degli scatoloni, per me era impensabile scrivere il libro da solo come era impensabile farlo scrivere ad un altro, volevo starci, esserci, vedere da vicino ma far operare da un chirurgo… Com’è avvenuto con il documentario, ogni fotogramma, allo stesso modo per la biografia ogni pagina, ogni foto è stata scelta, scritta assieme, ma io sempre con un vicino distacco, infatti sentivo la necessità che si creasse un’occasione di questo tipo, avevo bisogno per la delicatezza della materia trattata di aprire gli scatoloni insieme, di frugarci dentro, di riordinare il materiale ecc… Aprire da soli gli scatoloni è più triste, più malinconico.”

Emanuele Salce è nato a Roma il 7 Agosto 1966, figlio di Luciano Salce e Diletta D’Andrea. Dopo varie incompiute esperienze di formazione tra le quali Economia e Commercio, Scienze Politiche e Scuola di volo per Piloti di Linea, si affaccia, con alterni risultati, nel mondo del lavoro a 19 anni come Ufficiale dei Paracadutisti e successivamente come Assicuratore. Inappagato, approda infine, forse inevitabilmente, presso il Centro Sperimentale di Cinematografia dove si diplomerà in Regia nel 1991. Poco tempo dopo, affermando di voler seguire le orme paterne scomparve. Dato per disperso fino alla metà degli anni Novanta circa, riapparve tra stupore e disappunto, a fianco del patrigno Vittorio Gassman. Da allora, per ragioni ancora ignote, insiste a calcare le scene…(lui stesso ci confida).

Andrea Pergolari è nato a Roma il 27 Giugno 1975. Laureato in Storia e critica del cinema presso l’Università La Sapienza di Roma, ha pubblicato Gringo (2001), Verso la commedia (2002), Dizionario dei protagonisti del cinema comico e della commedia italiana (2003), La Banda degli onesti (2003), La fabbrica del riso (2004), Viuulente, potente, tremendamente terrunciello (2006, in collaborazione con Paolo Fazzini), Il sistema Fenech (2007), Pasquale Festa Campanile ovvero la sindrome di Matusalemme (2008), Flavio Mogherini scenografo, praticamente regista (2009). Ha collaborato ai volumi collettivi Sulla carta (2006) e Schermi di piombo (2007).

Autore: Emanuele Salce Andrea Pergolari
Titolo: Luciano Salce. Una vita spettacolare
Editore: Edilazio
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 20 Euro
Pagine: 483