Vertigine

vertigineUna morte sospetta, un’avvocatessa che vuole vederci chiaro, un detective proletario e comunista col passo elastico dell’ex pugile. Un ricco avventuriero che conosce i segreti dell’alchimia. Ricordi che affiorano come incubi e ricompongono la memoria. Né Scerbanenco, né Victoro Hugo, ma la voglia di un’inedita coppia di autori di rivisitare il feuilleton e raccontare la Milano che fu.

Lampadine da venti candele nelle case buie, una nebbia perenne che impregna di nero i palazzi, le palestre di boxe, dove i ragazzi bene fanno a pugni con gli esponenti della «ligera», la mala milanese, le bische di periferia e l’ippodromo, le passioni politiche salde su opposte barricate e il Boom economico in arrivo, mentre il ricordo della guerra sale dalla polvere delle macerie agli angoli delle strade.

Nella Milano del febbraio 1958, in uno degli inverni più freddi del secolo, si muove Greta Morandi, avvocato penalista e donna dalla doppia natura, spavalda in Tribunale, spaventata in amore, con il suo assistente-investigatore Marlon, al secolo Mario Longoni, ex pugile, ex partigiano, proletario e comunista. Sconvolge il quadro l’arrivo in città di Tom Dubini, rampollo borghese e avventuriero di lungo corso.

Fra di loro si gioca la partita a scacchi di una morte misteriosa, con comprimari di lusso: un’antiquaria con la passione per le perle scaramazze; una ragazza bella come Brigitte Bardot che vuole vendicare la morte dell’amante; un commissario che assomiglia a Pietro Germi e sa molto di più di quello che racconta; un siciliano che ha la capacità di presenziare senza che nessuno si accorga mai di lui.

La città non resta a guardare. Si insinua nei frammenti dei discorsi, nei riti dei pranzi domenicali e dei cinema pieni di fumo, tra botteghe d’epoca e quartieri spariti per far largo al progresso. Milano e le sue portinaie, le belle commesse della Rinascente, le maitresses delle case di piacere che la legge Merlin, varata proprio nei giorni in cui si svolge la vicenda, chiuderà. Milano col suo dialetto un po’ aspro e quell’aria casuale di chi è capitato per caso, ma su quel caso ci vuole scommettere tutto. Sullo sfondo, la reale fauna dell’epoca: Enzo Jannacci, Dario Fo, Luciano Bianciardi, Giorgio Strehler, Uliano Lucas, Giorgio Gaber, Fontana, Pietro Manzoni, i fermenti delle notti al Bar Jamaica e la banda delle tute blu della rapina di via Osoppo. Tra giallo e feuilleton, una storia sospesa tra passato e presente, mentre i ricordi, sogno e incubo, affiorano pagina dopo pagina. Scerbanenco, Hitchcock o Victor Hugo? Un poco di tutti e tre, ma soprattutto la voglia di un’inedita coppia di autori di rivisitare il feuilleton e raccontare la Milano che fu.

Erica Arosio, milanese, pariniana orgogliosa, laureata in Filosofia, è giornalista del settimanale «Gioia», dove si occupa di cultura e spettacolo. Smodata spettatrice, è critico cinematografico (per molti anni ha curato la rubrica cinema di Radio Popolare) e autrice di una biografia su Marilyn Monroe (1989). Ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica», «Il Giorno», «Cineforum», «Rockerilla», «Segnocinema» e a trasmissioni televisive e radiofoniche. Nel marzo 2012 ha pubblicato il suo primo romanzo, L’uomo sbagliato (La Tartaruga) che è arrivato alla quarta edizione.

Giorgio Maimone, milanese, berchettiano irriducibile, laureato alla scuola della vita, è stato caporedattore del «Sole 24 Ore» per oltre 30 anni. Ha lavorato in teatro, ha diretto la prima radio libera della sinistra milanese, Radio Canale 96 e, in seguito, Radio Regione. Ha fondato e dirige il portale della canzone d’autore La Brigata Lolli (www.bielle.org), ha lavorato sulle reti Mediaset come ideatore e autore di programmi. Si occupa di recensioni librarie e discografiche per il settimanale «Gioia». Culturalmente onnivoro.  

Baldini & Castoldi editore
520 pagine
15, 90 euro