“Anna e i suoi miracoli” di Cinzia Alibrandi

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“Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”; questo l’assioma di partenza un tantino complicato, però, nella sostanza di questa bella prova narrativa, da due variabili impazzite: gli uomini sono tre, e affatto grandi.

Meglio: lo sono, ma non di per loro, e certo naufragherebbero senza l’intervento attivo (e sincrono: ma più è bene non dire o troppo si svela) della protagonista di questa vicenda, Anna.

Non è omocentrica, però, la prospettiva, ed altro straniamento rispetto a ciò cui i tempi ci hanno abituati. Perché questo romanzo di tarda (è ben oltre, Anna, il mezzo del cammin…) ma efficacissima formazione femminile è decisamente sui generis: lontano anni luce dai cinismi alla Littizzetto (forme altre, temo, pur mascherate di triviale, dell’eterno negare/confermare la dipendenza dall’uomo della donna presunta-emarginata), tratteggia un individuo-donna che si definisce non contra ma… extra; qui uomini incapaci d’amare senza chiedere (cure, attenzioni, attitudini materne: l’eterno sublimato incesto del maschio italico) finiranno con l’ottenere quel che vogliono a discapito, però, di ciò di cui davvero hanno bisogno. E a vincere sarà stavolta sì, stavolta davvero, stavolta senza misure mezze, la donna. E, miracolo anch’esso che a vincere sia lei non secca affatto e affatto urta.

L’agnizione di Anna è progressiva e non nega (qui la distanza dai cliché del femminismo; qui la solidarietà con l’eroina oltre il genere; qui la negazione di un casellario: non è l’ennesimo romanzo di donne per donne) le spontaneità muliebri, i cedimenti passionali e (osiamo?!) le pose connaturate al genere. L’agnizione di Anna si concreta, s’innesta, s’incendia fino alla consapevolezza finale e alle sue determinazioni proprio in virtù dell’aver esperito tutto il campionario dei presunti “doveri” di una donna che voglia (triviale, ma tant’è per molti: relata refero) “tenersi il proprio uomo”. S’appalesa solo dopo aver perdonato il perdonabile, acconsentito all’in-acconsentibile, financo tollerato l’intollerabile. E solo dopo aver giocato senza riserve il gioco delle parti; solo dopo, ecco il vero scatto di reni (ancora) agli antipodi del femminismo – eppure tanto femminile! – essersi data in pieno.

Poi la trama, poi l’intreccio: basti dire, qui, che funzionano entrambi, che gli eventi scorrono bene. Che il tasso di prevedibilità è, lode all’autrice, basso; che l’introspezione psicologica è (dramma e agonia, almeno per i maschi, della coeva letteratura “rosa”) calzante e mai eccessiva: le cose accadono, non sono solo pensate, e parimenti è delle loro conseguenze. Il tono, poi, è brillante e mai sfornato; la lingua è piana o irta alla bisogna; la lettura semplice, non semplicistica.

È un libro questo che, al pari della vicenda umana della sua protagonista, decolla allo scorrere delle pagine; lascia chi lo legge, chiuse le pagine e riposto il tomo allo scaffale, davvero più ricco e consapevole dei moti propri della metà altra (vien fatto di chiosare “e sana”…) del nostro comune cielo.

Cinzia Alibrandi, milanese d’adozione, è nata a Messina, si è laureata in Lettere alla Sapienza di Roma, dove si è diplomata in Arti Drammatiche. Di sé dice che, dopo una prima vita artistica da attrice, inaugura con questo libro d’esordio, Anna e i suoi miracoli, la seconda da scrittrice. Non avendo tempo per imbastirne una terza, assicura che, lettori permettendo, continuerà a scrivere.

Autore: Cinzia Alibrandi

Titolo: Anna e i suoi miracoli

Casa Editrice: Siciliano

Anno di pubblicazione: 2011

Pagine: 184

Prezzo: Euro 14,00