“Miti d’amore. Filosofia dell’eros” (Bompiani, 2009) di Umberto Curi, è un percorso che mira dritto al cuore di una delle questioni filosofiche più complesse e affascinanti della storia della filosofia occidentale.
Quella relativa allo statuto dell’amore e al rapporto amore-morte-conoscenza.
Partendo dal celebre “Simposio” di Platone, per approdare alle molteplici versioni della narrazione relativa al personaggio del Don Giovanni, Curi riesce a proporre al lettore un nuovo punto di vista, coerente e logicamente impeccabile, sui miti d’amore più celebri della nostra tradizione, ricostruendo così un percorso storico-culturale che dal mondo classico arriva fino al Novecento.
Il mito platonico dell’androgino, analizzato e commentato dall’autore nel primo dei sette capitoli che compongono il libro, offre, dunque, lo spunto di partenza della riflessione: è l’incessante ricerca della propria metà perduta, quella primaria e insopprimibile necessità di completezza, quella sorda brama d’interezza, alla cui base soggiace un peccato di tracotanza verso la Divinità, che porta l’uomo a cercare nell’amore la medicina per guarire dall’arcaica ferita. Ha così inizio quella tensione verso l’altro, quel desiderio irrefrenabile di affidarsi al sentimento d’amore che quasi sempre terminerà con una fine tragica degli amanti, rimarcando costantemente l’antico legame tra “Eros” e “Thánatos“, tanto caro a Sigmund Freud. Il racconto di Eco e Narciso, che occupa il secondo capitolo, si presenta, allora, come un chiaro esempio di questo tragico destino, così come anche i miti di Orfeo e Euridice (capitolo terzo), di Amore e Psiche (capitolo quarto), di Romeo e Giulietta (capitolo quinto).
Ma è la storia di Tristano e Isotta, trattata da Curi nel sesto capitolo, a costituire, forse, il punto più alto della riflessione sull’impossibilità dell’amore e sulla sua specifica natura, ovvero di “non poter essere soltanto unione senza essere al tempo stesso separazione, appropriazione senza perdita, appagamento senza insoddisfazione, felicità senza dolore, vita senza morte“.
Il capitolo settimo, infine, approdo ultimo dell’intero percorso intrapreso dall’autore, culmina con il mito del Don Giovanni, personificazione di quella visione del sentimento amoroso inteso come guerra e quindi non più quale tensione alla ricomposizione della pienezza originaria dell’essere, così come la intendeva il mito platonico, bensì quale “pólemos“che porta l’amante a contr-apporsi alla persona amata.
“Miti d’amore” è, in definitiva, un libro prezioso, da leggere con grande attenzione e interesse, per andare a fondo delle principali questioni filosofiche connesse con uno degli aspetti più profondi della natura umana, quello relativo alle “cose d’amore“.
Umberto Curi è docente di Storia della filosofia all’Università di Padova. Nel corso degli ultimi quindici anni si è dedicato a un’analisi filosofica di alcuni fra i più importanti miti della tradizione occidentale.
Autore: Umberto Curi
Titolo: Miti d’amore. Filosofia dell’eros
Editore: Bompiani
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 12 euro
Pagine: 381