Al giardino ancora non l’ho detto

Al giardino ancora non l'ho detto-smallIl titolo del romanzo Al giardino ancora non l’ho detto di Pia Pera (Ponte alle Grazie 2016), prende in prestito un verso di una poetessa statunitense, considerata tra i maggiori lirici del XIX Secolo.


“Una sera d’autunno, a Mantova, in una libreria del centro, mi cadde l’occhio su un libretto, Poesie religiose di Emily Dickinson. Una di queste “I haven’t told my garden yet”, mi colpì con la forza di una rivelazione”, perché parve all’autrice che “contenesse un atteggiamento rivoluzionario verso la morte”. La poesia numero 50 della Dickinson ha come tema centrale quello del giardiniere e la morte.

Mai Pia Pera, proprietaria e assidua curatrice di un giardino nella campagna senese, avrebbe potuto immaginare che a breve, una crudele malattia l’avrebbe privata del piacere impagabile di lavorare nel suo giardino rigoglioso immerso nel suo podere in Lucchesia. Morire non era più una speculazione intellettuale, stava realmente accadendo, molto lentamente e prima del previsto, lasciando a Pia forse il tempo di scrivere in presa diretta del giardiniere di fronte alla morte. Ecco dunque la pubblicazione di questo romanzo, carico di tacito dolore e pieno di luce dedicato “A Macchia e a Nino”, dove la giardiniera Pia raccoglie intimi pensieri sapendo che ora non può più prestare alle sue piante quella cura che rappresentava tutta la sua vita. Ecco perché la poesia della Dickinson appare quanto mai adatta a descrivere i sentimenti di Pia, la quale come Emily sa che verrà un tempo in cui il giardiniere non terrà fede all’appuntamento consueto, Il giardino questo non lo sa.

“Al giardino ancor non l’ho detto – non ce la farei”.

Di colpo cesserà ogni cura. La natura tornerà l’unica forza, si interromperà il dialogo tra uomo e paesaggio espresso nel giardino, la più effimera delle arti. Quel gelsomino così rigoglioso, un giorno, tutto a un tratto, dovrà vederselo da solo, da pari a pari, con altre piante più vigorose. Quella pergola non verrà più potata, la siepe di lecci diventerà un bosco. Se c’era un disegno, in men che non si dica sarà cancellato.

“Non devono saperlo le colline – dove ho tanto vagabondato – né va detto alle foresti amanti il giorno che me ne andrò…”.

Pia Pera in queste coinvolgenti e poetiche pagine, tra le altre cose elenca tanti sistemi di cura alternativi ayurvedici, cinesi, agopuntura, citando anche eminenti scrittori del passato, suoi compagni di viaggio come Vita Sackville-West, Fëdor Dostoevskij, Italo Calvino e Giacomo Leopardi.

Ecco quindi lo Zibaldone: “Entrate in un giardino di piante, d’erbe, di fiori. Sia pur quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell’anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento”.

L’autrice intuisce che la sua leggerezza interiore nasce forse “dal sentirmi libera dalla zavorra terribile del futuro, indifferente al cruccio del passato, immersa nell’attimo presente, come prima mai era accaduto, faccio finalmente parte del giardino, di quel mondo fluttuante di trasformazioni continue”.

Ora Pia immersa nell’attimo presente, osserva i giardinieri lavorare nel suo Eden e sente di farne parte più di prima. Da qui quel senso di “paradossale serenità”, perché l’estrema sensibilità dell’autrice le fa comprendere che adesso il rapporto con il suo giardino è mutato completamente. Anzi, è cresciuta l’empatia, quella “consapevolezza che, non diversamente da una pianta, io pure subisco i danni delle intemperie, posso seccare, appassire, perdere pezzi, e soprattutto, non muovermi come vorrei”.
Se finora il giardino era stato il luogo dove contemplare metamorfosi e impermanenza, adesso l’accelerazione della corrente costringe la scrittrice, traduttrice (dal russo e dall’inglese) a
“rendermi conto di esservi io stessa immersa”. Pia Pera non è più un osservatore esterno, qualcuno che dispone e amministra, si trova lei stessa in balìa dell’inevitabile evoluzione della realtà.
“Questo ispira un sentimento di fratellanza col giardino, acuisce la sensazione di farne parte. Altrettanto indifesa, altrettanto mortale. Meno sola, in un certo senso”.

Pia Pera ha scritto di natura paesaggio e giardino in L’orto di un perdigiorno (Ponte alle Grazie), Contro il giardino (Ponte alle Grazie), Giardino & Ortoterapia (Salani), Le vie dell’orto (Terre di Mezzo); Il giardino che vorrei (Ponte alle Grazie). Ha pubblicato due libri di narrativa, La bellezza dell’asino e Diario di Lo; tra i classici russi da lei curati e tradotti, Tre racconti di Čechov (Voland) La vita dell’Arciprete Avvakum (Adelphi), Evgenij Onegin di Puškin (Marsilio). Per Salani ha tradotto Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett, di cui ha realizzato una trascrizione teatrale insieme a Lorenza Zambon. Ha ideato www.ortidipace.org. Scrive sul Sole 24 Ore e tiene una rubrica su Gardenia.

Autore: Pia Pera
Titolo: Al giardino ancora non l’ho detto
Editore: Ponte alle Grazie
Pubblicazione: 2016
Prezzo: 15 euro
Pagine: 216