Il sogno che uccise mio padre

Il sogno che uccise mio padreIl sogno che uccise mio padre. Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti di Luca Tarantelli (Rizzoli 2013). Sono trascorsi quasi trent’anni da quel 27 marzo 1985, giorno in cui le Brigate Rosse con una raffica di mitra uccisero Ezio Tarantelli all’uscita della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università “La Sapienza” di Roma.

Chi ha vissuto quel periodo oscuro ne ha ancora vivo il ricordo: personalmente non ho dimenticato quella cappa di tristezza e di incredulità che avvolse Roma quando si sparse la notizia dell’assassinio. Perché Tarantelli, nonostante fosse un uomo dedito agli studi e lontano dalla ribalta mediatica, era ben conosciuto all’opinione pubblica per essere stato in quegli anni uno dei protagonisti della lotta all’inflazione e alla disoccupazione. In particolare, riconosceva in lui un uomo” appassionato, un intellettuale senza legami con partiti ed istituzioni, in grado di sciogliere il “nodo” della forte contrapposizione allora esistente fra “conservatori” e “progressisti” guidati dagli ideali del “68”, che avvelenava e rendeva quasi impossibili i rapporti fra le parti sociali.

Di quella tragedia torna a parlare con questo libro il figlio Luca, appena tredicenne all’epoca dell’assassinio del padre. Un racconto che, attraverso le testimonianze di quanti conobbero Ezio Tarantelli e la meticolosa raccolta di centinaia di documenti, ricostruisce il ritratto di un uomo libero, senza vincoli ad istituzioni e partiti, mosso solo dal desiderio di contribuire alla soluzione concreta di uno dei malanni endemici del nostro paese, quello della disoccupazione.

Il libro offre, inoltre, un’occasione per riflettere su fatti e personaggi dei cosiddetti “anni di piombo”, un pezzo della nostra storia, già rimosso dalla memoria collettiva. In quella stagione, lacerata dall’estremizzazione di conflitti politico – sociali senza fine e da un’inusitata esplosione di violenza, Tarantelli coltivò il sogno di ridisegnare un modello di relazioni sindacali fondato sul dialogo e sul confronto, che riconoscesse maggiore dignità alle parti e consentisse di raggiungere gli obiettivi comuni attraverso il “metodo della concertazione”. Il suo nome fu indissolubilmente legato al decreto (il cosiddetto Decreto di San Valentino) con il quale il governo Craxi modificò il meccanismo della scala mobile.

Ma su tale provvedimento, invece, Tarantelli espresse un’opinione controversa, dal momento che riteneva che su di esso erano confluite motivazioni schiettamente politiche che non avevano nulla a che fare con il suo scopo esclusivo, che doveva essere il rientro dall’inflazione. Numerose altre idee innovative furono avanzate da Tarantelli – per tutte ricordiamo quelle sulla politica europea dei redditi e sul lavoro part – time – che però furono travolte dalle vicende politiche contingenti e rimasero a livello di semplici proposte.

Resta il “messaggio” che ci ha lasciato, ancora attuale, che è ben riassunto nella prefazione al volume dall’ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi: “Recuperare la forza di quelle idee è il solo modo di lasciarsi alle spalle il difficile presente; di sanare le lacerazioni che assottigliano, fino a strapparlo, il tessuto delle nostre comunità; di ritrovare il senso del vivere insieme; di ridare respiro al futuro”.

Luca Tarantelli aveva tredici anni quando il padre fu ucciso dalle Brigate Rosse. Ha collaborato nella gestione di eventi con il Comune di Roma ed è stato curatore di progetti per le scuole sulla memoria degli anni Settanta. È autore nel 2010, assieme alla regista Monica Repetto, del documentario sulla figura del padre La forza delle idee.

Autore: Luca Tarantelli
Titolo: Il sogno che uccise mio padre.
Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti
Editore: Rizzoli
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo: 18,00 euro
Pagine: 212