Quattro etti d’amore. Intervista a Chiara Gamberale

Quattro etti d'amore, grazieQuattro etti d’amore, grazie di Chiara Gamberale (Mondadori 2013) non si acquista in un qualunque supermercato non solo perché non è commestibile ma soprattutto perché “l’amore non è una sfida, all’altro o a noi stessi. È stare bene con una persona”. Erica e Tea, le protagoniste dell’ultimo romanzo di un’autrice che pone sempre il suo acuto sguardo sui sentimenti e sulle insoddisfazioni di noi comuni mortali del Terzo Millennio, lo proveranno sulla loro pelle, e il risultato non sarà indolore.

Come in uno specchio le due donne si osservano e si spiano inconsapevolmente attraverso gli scaffali o in fila alla cassa di un anonimo supermercato. Le loro esistenze così diverse sono testimoniate dalla spesa che si trova nei rispettivi carrelli: “600 grammi di zucchine, una retina di cipolle, 1 panetto di burro da 250 grammi, 4 uova, 6 filetti di platessa… ” tutto ciò che serve a sfamare una famiglia felice composta dal padre Michele, il quale come ogni sera si fa annunciare alle otto con la chiave che gira nella toppa e dalla mamma Erica impiegata di banca. Poi ci sono i loro bambini: Viola 10 anni e Gustavo soprannominato Piccolo che non sa ancora parlare. Nella cucina a forma di bolla Piccolo “rotola dalla madre alla sorella, dalla sorella alla madre”. Tea Fidelibus, attrice protagonista del serial Testa o cuore, fa la spesa anche in pigiama “yogurt, birre, 2 pizze surgelate… ”. La più brava protagonista della migliore serie televisiva in circolazione è sposata con il regista teatrale Riccardo Milani, egoista e innamorato di se stesso. Per Tea, Erica è tale e quale alla Signora Cunningham di Happy Days, la celebre sit – com made in USA degli anni Settanta. “Sembra una fata che tutto può trasformare, tutto può inventare”.

Per Erica, Tea rappresenta uno stile di vita libero e senza responsabilità, e la Signora Cunningham cerca e trova rifugio sul social network Facebook, dove chatta con i suoi vecchi compagni della “mitica B del Rousseau 1991/1996”. Ma si sa che ogni medaglia ha il suo rovescio… e le inquietudini delle due donne forse celano il desiderio di cogliere l’attimo fuggente e di tenere a freno tutte quelle paure che rendono molto vulnerabili.
Con il consueto stile lucido e incisivo, Chiara Gamberale pone prima a se stessa e poi ai suoi lettori la seguente domanda: “Ma tu ci pensi, Erica? A tutte le esistenze che potrebbero farci felici, se non fossimo sempre alle prese con la nostra?”.

Chiara, per quale motivo ha inserito nelle prime pagine del volume una frase tratta da Peter Pan di James Mattew Barrie?
Perché Erica e Tea, nelle loro infinite differenze, hanno un rapporto complicato con quel passaggio delicatissimo e violento, quel dramma necessario che è crescere. Vedere sfumare le infinite possibilità che avevano di fronte a loro da ragazzine in un’unica scelta, insomma: quella della loro vita. Erica si è trovata troppo presto a tu per tu con la responsabilità di essere moglie e madre, Tea ha fatto di tutto per non assumersi quella responsabilità: ma entrambe ci fanno i conti. E non c’è testo più perfetto, sulla necessità di crescere e l’impossibilità per certi esseri umani di farlo, di Peter Pan.

Se Erica possiede in se stessa una specie di pace, Tea per contrasto ha una vita brillante, esotica e frenetica. A quale dei due personaggi si sente di appartenere di più?
Senza dubbio a Tea: ma aggiungo “purtroppo”. La sua vita è brillante solo a guardarla da fuori, attraverso gli occhi trasognati di Erica. Nella sua intimità Tea paga ogni giorno l’esotismo con una profonda inquietudine, un perenne tormento.

Chi sono i “Bambini Amati”?
Sono i figli che dai loro genitori hanno ricevuto attenzione, protezione, presenza. E che, una volta adulti, rischiano di dare queste cose per scontate, e di ficcarsi in relazioni patologiche, con persone incapaci di provare un reale affetto per l’altro… proprio come fa Tea, ex bambina amatissima. Laddove Erica, figlia di una madre svaporata e di un padre assente, avverte presto la necessità del nido caldo che da bambina le è mancato.

Perché per noi esseri umani imperfetti l’erba del vicino appare sempre più verde?
Voglio essere ottimista: non credo si tratti d’invidia, di un sentimento sordo, destinato a farci guardare la vita degli altri per detestare ancora di più la nostra. Almeno per Erica e per Tea non è così. Il verde dell’erba del vicino è uno stimolo per lavorare al proprio, di verde. Per non accontentarsi di quanto è pallido.

Sentimentalisti anonimi è il titolo del Suo blog all’interno di iodonna.it. Che tipo di Italia viene fuori dai post e dai commenti che esprime la rete?
È la voce di persone alla ricerca, quella che il mio blog intercetta: sarà che io sono la prima a esserlo, la prima “sentimentalista anonima”, insomma. È un posto destinato a moltiplicare le domande, più che a trovare delle risposte, nella convinzione che forse il bello della vita stia proprio lì. Nelle sue risposte impossibili.

Chiara Gamberale è nata a Roma, dove vive. Laureata alla Facoltà di Lettere Moderne di Bologna con una tesi in Storia del cinema ha pubblicato poco più che maggiorenne Una vita sottile (Marsilio 1999), ispirato a una vicenda autobiografica, ottenendo la ribalta in campo letterario. Seguono Color lucciola (Marsilio 2001), Arrivano i pagliacci (Bompiani 2003), La zona cieca (Bompiani 2008) Premio Selezione Campiello e Una passione sinistra (Bompiani 2009), Le luci nelle case degli altri (Mondadori 2010) e L’amore quando c’era (Mondadori 2012). È ideatrice e conduttrice di programmi radiofonici e televisivi come Gap (Rai1), Quarto piano scala a destra (Rai3) e Trovati un bravo ragazzo (Radio 24). Dal 2010 è in onda su Radio 2 con Io, Chiara e l’Oscuro. Collabora con Vanity Fair, D – La Repubblica e Il Riformista.

Autore: Chiara Gamberale
Titolo: Quattro etti d’amore, grazie
Editore: Mondadori
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo: 17 euro
Pagine: 242