“Studi sulla notte”. A tu per tu con Paulina Spiechowicz

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Abbiamo intervistato Paulina Spiechowicz, autrice di Studi sulla notte (Ensemble, 2011), un’interessantissima opera prima. Un libro di poesie vivace e vibrante che nasce da un forte cosmopolitismo e da una linea invisibile che unisce Roma e Cracovia, Parigi e Berlino. Il tema di fondo è la notte ed è proprio dalla notte che vogliamo partire.

Ciao Paulina. Grazie dell’intervista. Perché la notte? Cosa succede di notte che non si può vedere di giorno?

La notte riveste diverse dimensioni poetiche. Nel lavorare sull’argomento della notte ho preso innanzi tutto spunto dalla mitologia classica: lì la notte – unendosi a Erebo (la morte) – genera Amore. Nella mia raccolta la notte vuole essere un teorema, un oggetto di studio e di contemplazione. Così come nei sogni, anche nella notte le forme, le dimensioni degli oggetti, le ombre e le proporzioni degli spazi non sono le stesse che di giorno. Il silenzio s’ingrandisce e l’aria sembra farsi spessa, vischiosa. Lo spazio notturno implica un respiro diverso e la notte diventa kairos, momento opportuno di un mistero, di un’epifania, di una dimensione della realtà altra ma speculare ad essa.

La notte è silenzio. Quanto è importante il silenzio per scrivere?

Non credo sia importante il silenzio per scrivere, ma il concetto di silenzio nella scrittura. Non ho mai avuto bisogno di silenzio per scrivere. Al contrario amo la musica, prediligo i rumori e i brusii del quotidiano. È invece negli spazi, nelle pause, nella composizione poetica che trovo essenziale il silenzio. Così come una partitura musicale, anche la lirica necessita di un ritmo, di un dispiegamento melodico che non può fare a meno del silenzio per realizzarsi. E, per terminare: «Scrivere, diceva Blanchot, è fare eco a ciò che non può cessare di parlare – quindi, per divenire eco, devo in qualche modo imporgli il silenzio» (Lo spazio letterario).

Sei felice di questo “debutto” letterario? Com’è stato? Senti interesse intorno al tuo libro?

È un’occasione unica per uscire dal circuito dei “giudizi degli amici” e scoprire cosa provoca la lettura delle mie poesie in persone che non conosco e che non mi conoscono, e che quindi mi leggono indipendentemente dalle simpatie. Ho l’impressione che in tal modo, finalmente, la mia poesia inizi a vivere autonomamente e la mia persona si eclissi per lasciare spazio unicamente alla parola scritta.

Perché la forma “poesia”? Con i versi si può dire ancora molto?

La poesia permette di fendere l’istante e di essere immagine, mentre la prosa domanda un processo creativo diverso. Sono due universi strutturati che procedono in maniera molto differente per quanto riguarda sia la composizione, sia lo stato d’animo nel quale si trova lo scrittore.  Trovo la poesia l’atto espressivo che richiede il maggior grado di astrazione mentale, seguito dalla sola filosofia.

Nel libro c’è una grande attenzione al linguaggio. Da cosa deriva? Dagli studi letterari?

Sicuramente dai miei studi. Dalla passione per un certo teatro di “avanguardia”. Dalla volontà di stupire. Anche, dall’esigenza di sperimentare, di andare oltre le tradizioni restando sempre ancorata ai miei modelli e alle mie letture. L’arte è un modo d’imporre e di proporre non solamente sguardi nuovi, ma altri mondi nella sfera del possibile e dell’impossibile. Ciò vale tanto a livello linguistico che semantico. La poesia, a differenza della prosa, è il luogo dove si moltiplicano le possibilità di giocare con le licenze grammaticali, con i doppi sensi, con le ambiguità. Tramite queste forzature si creano significati e immagini originali e inconsuete che generano infinite possibilità ricettive.

Roma, Cracovia, Parigi, Berlino. Le ho messe in ordine sparso. Dove sono le radici di Paulina Spiechowicz? Dove ti vedi nel futuro? Quale progetto stai portando avanti?

Le mie radici affettive sono in Polonia, quelle culturali in Italia, dove sono cresciuta e dove ho studiato. Berlino è stata una parentesi lavorativa che mi ha dato tanto a livello umano e culturale (è stata un’esperienza unica leggere e ascoltare Bertold Brecht e Paul Celan in tedesco, benché con traduzione a fronte). Parigi è la città dove mi sono installata da cinque anni per i miei studi. Una volta portato a termine il dottorato mi piacerebbe fare un’esperienza Oltreoceano per poi tornare in Europa. Dove, non lo posso ancora dire.

Per avere una visione d’insieme di un’Europa così frantumata in questo momento c’è bisogno di conoscere luoghi e persone. Quanto è stato importante per te questo continuo movimento?

L’Europa continua ancora a essere un’immagine utopica, costruita unicamente su di un modello economico e attorno alla moneta unica, l’Euro. Modello economico che per di più adesso sta crollando. Troppo poco spazio è stato riservato al dialogo culturale tra i popoli dell’Europa, ragione per la quale il divario identitario e le idiosincrasie locali si stanno ingrandendo. Domina forte il razzismo dovuto alla disinformazione, alle faglie governamentali che vergognosamente continuano a spronare ai nazionalismi e all’ignoranza nella quale le caste politiche preferiscono tenere la società.

C’è una poesia a cui sei più legata? Ci sono presentazioni in vista? Quando tornerai a Roma? In primavera?

Non c’è una poesia a cui sono più legata, tradirei tutte le altre. Cito quella che mi è venuta in mente adesso, senza rifletterci, e che amo profondamente:

Gesualdo Bufalino

Più lontano mi sei, più Ti risento

farmiti dentro il cuore

sangue, grido, tumore,

e crescermi sul petto.

Più sei lontano e più Ti porto addosso,

fra l’abito e la carne,

contrabbando cattivo,

volpe rubata che mi mangia il petto.

Per quanto riguarda le presentazioni, dovremmo organizzarne alcune con la mia casa editrice nel mese di Aprile.

Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Un autore su tutti? Secondo te la poesia italiana ha un respiro europeo?

Sicuramente i classici: Omero, Ovidio, Boccaccio, Dante, Ariosto. Poi la poesia del Novecento: Pavese, Pasolini, Octavio Paz e molte donne: Sylvia Plath, Anne Sexton, Alejandra Pizarnic, Djuna Barnes e Marina Tzvetajeva, a citarne alcune. Non ho un autore su tutti: sono contro l’idolatria, anche quella intellettuale.

Chiudiamo. Progetti futuri? Portare in scena questi Studi sulla notte?

Portare gli Studi a teatro, possibilmente ad aprile. Dedicarmi a un possibile debutto narrativo con un romanzo a sfondo familiare, una sorta di saga notturna.

Grazie per l’intervista. In bocca al lupo per la promozione del libro.

Paulina Spiechowicz nasce a Cracovia (Polonia) nel 1983. Nel 1987, i genitori decidono di trasferirsi a Roma, dove compie gli studi. La caduta del muro le permette di tornare spesso a Cracovia, e di vivere tra le due città europee.

Terminata l’università, intraprende un dottorato in letteratura e storia dell’arte a Parigi, dove attualmente vive.

Autore: Paulina Spiechowicz

Titolo: Studi sulla notte

Editore: Ensemble

Anno di pubblicazione: 2011

Prezzo: 12 euro

Pagine: 92