Il grande cuore di “Palude”. Torna Antonio Pennacchi

palude-pennacchiIn “Palude” di Pennacchi è stata “la voglia di scrivere” per capire “come è andata: rimettere in fila tutti i tasselli, rifare tutti i passaggi” che ha indotto l’autore a narrare la storia del suo più caro amico intrecciata all’epopea dell’Agro Pontino.

In queste terre un tempo paludose e malariche bonificate dal fascismo nei primi anni Trenta del XX Secolo sono narrate le umane gesta di Bonfiglio Ferrari alias Paludeun armadio di un metro e novanta. Di altezza. Moro. Riccio. Occhi neri. Naso imperiale. Sorriso largo. Vita stretta”. È lui il protagonista di questa storia che lo scrittore definisce “feuilleton operaio” soprannominato Palude “senza riferimento alle paludi, o a Latina ma solo perché da giovane giocava al calcio” come portiere nella Fulgorcavi parando rigori impossibili anche tuffandosi in mezzo alle pozzanghere come nella mitica partita disputata contro il Cynthia il 4 novembre del ’66 il giorno dell’alluvione di Firenze. “Cominciarono lì a chiamarlo Palude, per come sguazzava nel fango. Con la città non c’entra”.

Il nostro eroe ha fatto solo la V elementare, non ha mai letto un libro in vita sua, è operaio metallurgico e leader sindacale. L’esistenza di Palude “convinto che in ogni cosa c’è il buono e il cattivo” cambierà all’improvviso e Pennacchi racconta con levità e tenerezza la “vita nova” di Bonfiglio “che sprizzava gioia di vivere da tutti i pori” e la sprizza ancora dall’alto dei suoi 140 kg. Lo scrittore nella postfazione del volume precisa che “la prima versione di Palude uscì nell’ottobre 1995 per Donzelli editore in Roma. L’anno successivo, 1996 vinse ex aequo il Premio Pisa. Nel 2000 ci fu la seconda edizione che rimaneggiai parecchio…”. Con la consueta schiettezza che lo caratterizza Pennacchi, che è nato, ha sempre vissuto e tuttora vive a Latina che lui preferisce chiamare Littoria, scrive che sedici anni dopo la prima uscita di Palude vi ha rimesso le mani. “Questa nuova edizione, quindi, raccoglie una revisione pressoché totale della scrittura, anche se sul piano del plot e della narrazione le varianti sono tutto sommato minime”. Dopo il successo di Canale Mussolini Premio Strega 2010 “bello o brutto che sia, questo è il libro per il quale sono venuto al mondo” il lettore ha il piacere di ritrovare tra le pagine del libro “mandato subito allo sbaraglio nell’universo mondo” lo spirito dissacrante, ironico e irriverente di un grande narratore di avvenimenti di gente semplice e laboriosa che ha contribuito a fare la storia del nostro Paese. “Non c’è una casa a Latina in cui non batta il sole”.

L’intera opera letteraria di Pennacchi trae ispirazione dal passato, dalla terra insalubre e ora sanata che si estende dal mare fino ai monti Lepini dove tutto ha avuto inizio col padre Giovanni “papàmiobello” bonificatore dell’Agro Pontino. Latina è fondamentale per capire lo spirito del libro, sono descritte le sue piazze squadrate, quelle strade larghe “in cui giocavamo a pallone, da ragazzini”, gli eucalyptus dappertutto e gli ippocastani di Piazza Dante. Quella città di fondazione in stile littorio “costruita al centro delle Paludi” e nata all’inizio come Borgo Littorio la cui prima pietra fu posta il 30 giugno 1932 e inaugurata da Benito Mussolini in Piazza della Libertà il 18 dicembre dello stesso anno. Pennacchi ricostruisce con minuzia di particolari la storia dell’Agro Redento quando “sessant’anni fa qui non c’era niente. Da Roma a Terracina era tutto un deserto”. Erano le Paludi Pontine “un misto di foreste e di selve, di radure e acquitrini” che avevano mille anni di vita e che contenevano “storie di streghe e di briganti, di principi e di fantasmi”. La famiglia di Pennacchi come quella di migliaia di persone “che avevano fatto la fame su nel Veneto” fu trapiantata dopo la bonifica in queste terre prosciugate caricata sopra i treni e “scaricata qua” dove le nuove terre furono affidate ai reduci della Grande Guerra. Memorabili la figura del Conte Valentino Orsolini Cencelli “il vero fondatore della città di Latina”e il fantasma del Duce che ancora gira in moto nell’Agro Pontino per controllare le strade e i canali. In questo ironico e struggente album dei ricordi c’è posto anche per le prodezze adolescenziali di Palude e dei suoi amichetti, le corse in bicicletta verso l’Appia aspettando “in silenzio, seduti in fila lungo il fosso” di sentire da lontano il rombo di una motocicletta “droom”. Emblematica è la frase che è posta all’inizio del libro tratta da un Canto popolare pontino: “Latina è quella cosa che si chiama prepotenza: ecco qua tutta la lenza che cià voglia de menà”.

Il romanzo strappa risate e applausi a scena aperta quando lo scrittore con il suo solito stile ironico e dissacrante reinterpreta a modo suo la storia di Maria Goretti, figlia di un mezzadro che viveva con la propria famiglia a Le Ferriere sulla strada che va a Nettuno, uccisa a 12 anni in seguito a un tentativo di stupro da parte di un vicino e canonizzata nel 1950 da Pio XII. “E l’hanno nominata patrona dell’Agro Pontino”. Antonio Pennacchi nella sua casa a Borgo Podgora ora sta scrivendo un libro di fantascienza senza dimenticare quei luoghi che hanno reso epica la sua prosa perché come candidamente ha dichiarato lo scrittore “Mi ispira il reale, la memoria e la nostalgia”.

La nostra è una città strana perché non è che un’accozzaglia di gente. C’è il peggio di tutto il peggio del mondo. Ogni paese d’Italia s’è liberato della sua feccia scodellandola qua. Una specie di Laredo. O Kansas City”.

Antonio Pennacchi è nato a Latina il 26 gennaio 1950 da una famiglia di coloni giunti nel Lazio per la bonifica dell’Agro Pontino. Operaio in fabbrica a turni di notte fino a cinquant’anni si è laureato in Lettere sfruttando un periodo di cassa integrazione. Ha iniziato la sua attività di scrittore con Mammut (Donzelli 1994, rieditato da Mondadori 2011) con il quale ha vinto il Premio del Giovedì e Una nuvola rossa (Donzelli 1996) in cui narra una vicenda ispirata al delitto dei fidanzatini di Cori avvenuto l’anno prima nella cittadina laziale. Nel 2003 esce l’autobiografico Il fasciocomunista (Mondadori) vincitore del Premio Napoli. Dal romanzo è stato poi tratto nel 2007 il film Mio fratello è figlio unico regia di Daniele Luchetti con Riccardo Scamarcio e Elio Germano. Sempre del 2003 è la raccolta di saggi Viaggio per le città del Duce (Asefi). Nel 2005 i saggi de L’autobus di Stalin (Vallecchi). Nel 2006 esce la raccolta di racconti Shaw 150. Storie di fabbrica e dintorni (Mondadori). Nel 2008 è uscito il saggio Fascio e Martello in cui descrive le città di fondazione del fascismo in tutta Italia. Nel 2010 con Canale Mussolini (Mondadori) ha vinto il Premio Strega, il Premio Acqui Storia, l’Asti d’Appello, il Biblioteche di Roma e il Libro dell’Anno del Tg1. I diritti del romanzo sono stati venduti in tutto il mondo. Collabora a Limes.

Autore: Antonio Pennacchi
Titolo: Palude
Editore: Baldini Castoldi Dalai
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 17,50 euro
Pagine: 238