L’alluvione di Firenze. Intervista a Marco Vichi

morteafirenzeIn “Morte a Firenze” (Guanda, 2009) di Marco Vichi, nell’autunno del 1966 le nuvole si addensano sempre più minacciose nel cielo della città toscana, la pioggia è diventata una compagnia non richiesta. È l’inizio della catastrofe, Firenze sarà messa in ginocchio, i capolavori d’arte sfregiati e rovinati forse per sempre. Il corpo di un ragazzo di 13 anni, Giacomo Pellissari, appartenente ad una famiglia benestante della città, viene trovato ucciso e seviziato su una delle colline fiorentine. DOCUMENTI/La storia dell’alluvione
“… il ragazzino era scomparso mercoledì mattina dopo essere uscito dal Collegio delle Querce, sotto una pioggia torrenziale”. Il Commissario Franco Bordelli si trova costretto ad indagare su un delitto atroce e violento senza apparentemente nessun appiglio al quale aggrapparsi. Ma ecco che nelle prime ore del 4 di Novembre “… mentre Bordelli dorme, i fiumi del Mugello e dell’aretino escono dagli argini, scendono a valle e vanno a ingrossare l’Arno. Alle tre la grande piena dell’Arno arriva a Firenze, il fiume, finora fedele amico della città allaga le vie e le piazze rinascimentali che diventano torrenti, il fiume torbido ingrossava a vista d’occhio, trasportando detriti, sfondando saracinesche e portoni … correva veloce trascinando automobili, alberi, armadi sfasciati…”.

In mezzo a tutto questo il 56enne commissario stanco di vivere in mezzo ai drammi quotidiani che un mestiere come il suo comporta, mentre appare una bella ragazza bruna di trent’anni più giovane di lui che rappresenta la rinascita e la speranza, cerca di risolvere un delitto sul quale non avrebbe mai voluto investigare. Morte a Firenze è la quarta indagine che l’autore ha dedicato al commissario dal volto umano, di antico stampo e con un senso della giustizia tutto suo. Gli affezionati lettori di questa serie poliziesca ritroveranno personaggi a loro già noti come il simpatico ladro Ennio Botta, la ex prostituta Rosa e Piras «… il suo giovane braccio destro». Fedele è la ricostruzione storica dell’alluvione di Firenze, cronaca minuziosa e dettagliata di un dramma collettivo in un romanzo che non è solamente un giallo ma anche una piacevole riscoperta, un viaggio nella memoria degli anni Sessanta vicini eppure lontani, dove il telefono che veniva maggiormente usato era quello a gettoni e se si accendeva la televisione rigorosamente in bianco e nero, c’era la grande Mina a Studio Uno.

Abbiamo intervistato l’autore.

All’inizio del volume appare una frase di Curzio Malaparte tratta da Mamma marcia, nel contesto ha un suo particolare significato?

“Le epigrafi non devono essere spiegate, sono brevi e intense sentenze rubate da un libro, e servono solo a dare una suggestione che abbia a che fare con il romanzo che suggellano. E sono anche omaggi.”

Possiamo definire Morte a Firenze come il romanzo più amaro e cupo della serie dedicata al commissario Bordelli e non solo perché è ambientato durante l’alluvione di Firenze del ’66?

“Sì, senza dubbio è il romanzo della serie Bordelli più cupo e amaro, e anche il più cattivo, se così si può dire. Ci sono momenti leggeri in cui capita di sorridere, ma è fondamentalmente un romanzo scuro… come la città in cui si svolge la storia, questa Firenze che da lontano può apparire ridente e luminosa, ma che da vicino è tutt’altra cosa.”

Franco Bordelli ha 56 anni, gira in Maggiolino, è uno scapolo convinto che non disdegna di ammirare le belle ragazze in minigonna, fuma troppo e ama mangiare bene. A quale personaggio si è ispirato per tratteggiare la personalità del commissario?
“Non mi si prenda per matto se dico che Bordelli si è raccontato da solo. Non sento di averlo inventato o creato (come spesso si dice dei personaggi letterari), la sensazione è quella di averlo conosciuto poco a poco, via via che le pagine si scrivevano davanti ai miei occhi.”

Per quale motivo ha scelto di ambientare la trama dei Suoi noir negli anni Sessanta?

“Non è stata una scelta a tavolino. Dopo le prime pagine del primo romanzo ho visto salire Bordelli su un vecchio Maggiolino e ho capito di essere negli anni ’60, un’epoca che ricordo con molto piacere. Ho lasciato che Bordelli continuasse a trasportarmi sulle strade di quei tempi ormai mitici, lontanissimi ma ancora vicini.”

Nel romanzo il protagonista ricorda la propria esperienza di soldato appartenente al  Battaglione San Marco durante la II Guerra Mondiale, mentre si trova costretto a risolvere un giallo senza apparente soluzione. È arrivato il tempo dei bilanci per il nostalgico Bordelli?

“Colgo l’occasione per dire che di solito chi parla del passato di guerra di Bordelli lo definisce un partigiano, mentre invece apparteneva all’esercito regolare. Mio padre (a cui ho rubato tutti i ricordi di guerra di Bordelli) mi diceva spesso: «Tutti dicono e diranno che l’Italia è stata liberata dagli Americani e dai partigiani, ma c’eravamo anche noi… i dimenticati». La San Marco era (ed è) un corpo speciale delle Marina Militare. Ma ancora adesso se uno ha combattuto contro i fascisti e nazisti e non è un “Alleato”, è per forza un partigiano. Credo che sia un errore da correggere. Ma per rispondere alla domanda: credo che quelli come Bordelli non smettano mai di fare bilanci… purtroppo per loro.”

Proprio in questi giorni ricorre il 43esimo anniversario dell’alluvione di Firenze. Che ricordi personali conserva di quel periodo?

“Ricordo tutto con molta nitidezza, ma la notte del 4 non ero a Firenze. Per il lungo “ponte dei morti” eravamo andati in una casa di campagna. Ricordo la muraglia di pioggia che sembrava non dovesse smettere mai, le candele accese, mia madre che pregava… Poi la radiolina a batterie che gracchiava… Il documentario con Richard Burton dove si vedeva la città sommersa dal fango. Il giorno dopo siamo tornati a Firenze, e lungo la strada ho visto scene apocalittiche.”

Anche Bordelli si troverà a spalare il fango e a partecipare alle operazioni di soccorso. La Sua è una ricostruzione precisa di quei tragici avvenimenti. A parte i ricordi giovanili e i racconti, su quali fonti si è documentato?

“Mi sono stati di grande aiuto i quotidiani dell’epoca e i documenti dell’IGM, l’Istituto Geografico Militare (materiale che Leonardo Gori mi ha gentilmente prestato), altri interessanti libri e gli archivi della Rai. Ho fatto una vera “immersione” nei giorni dell’alluvione, con la sensazione di sentire nel naso il puzzo di liquami e di nafta…”

Marco Vichi è nato nel 1957 a Firenze. È autore di numerosi romanzi quali L’inquilino (Guanda 1999), Donne, donne (Guanda 2000), Il Commissario Bordelli (Guanda 2002), prima avventura del poliziotto fiorentino ambientato nell’Italia degli anni Sessanta, Una brutta faccenda (Guanda 2003), e Il nuovo venuto (Guanda 2004) sempre come protagonista Bordelli. Dal 2003 tiene laboratori di scrittura in varie città italiane e presso il corso di laurea in Media e Giornalismo dell’Università di Firenze. Ha scritto racconti per varie riviste ed antologie. Collabora alla stesura di sceneggiature, cura antologie di letteratura, scrive su quotidiani nazionali. Ne il romanzo Il brigante (Guanda 2006) viene descritta la Toscana dei primi anni dell’Ottocento. Nel 2005 Vichi ha organizzato e diretto il Festival R(e)sistere di Sant’Anna di Stazzema.

Autore: Marco Vichi
Titolo: Morte a Firenze. Un’indagine del commissario Bordelli
Editore: Guanda
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 17
Pagine: 348