Berlin, la metropoli moderna. Intervista ad Eraldo Affinati

berlinAnni di appunti, riflessioni, analisi. Questo e altro troviamo nel nuovo libro di Eraldo Affinati, “Berlin” (Rizzoli, 2009). Un ritratto esemplare di una metropoli moderna, che ha saputo rialzarsi dai dolori della sua memoria.

Un libro su Berlino, scritto da un romano. Ammirazione, oggetto di studio o semplicemente un esame delle differenze  tra la città eterna in cui vive e il simbolo della città moderna?
“Da tanti anni vado a Berlino. Già in “Campo del sangue”, il diario del mio viaggio da Venezia ad Auschwitz, e poi in “Un teologo contro Hitler. Sulle tracce di Dietrich Bonhoeffer”, mi sono occupato della Germania. In “Berlin” però non racconto soltanto il passato. Punto l’attenzione sui giovani che sembrano oggi attirati in modo irresistibile da questa città dove senti, oltre al peso della storia, una speciale elettricità. Berlino è davvero il cuore della nuova Europa, così come Roma lo è stata del mondo antico.”

Berlino, metropoli del nuovo millennio o un perenne centro commerciale. Come giudica la città tedesca?
“Berlino, nel suo spirito multietnico, rappresenta oggi la vera sconfitta di Adolf Hitler. Allo stesso tempo è una città lanciata verso il futuro dove tutto sembra ancora possibile. Sotto il terreno ci sono gli scheletri, ma andando in giro per le strade si possono osservare nuovi stili di vita. E’ una città di frammenti ricomposti, come la struttura del mio libro, diviso in sette giorni. Ogni giorno, che comprende ventiquattro capitoli, viene raccontato nel filtro di un pronome personale: lunedì-io, martedì-tu, mercoledì-lui e via così fino a domenica-loro. Ho fatto parlare le statue, le piazze, i monumenti, personaggi famosi e gente comune, ma anche le birre, le aquile del Terzo Reich…”

In “Berlin” lei ci offre un “ritratto impossibile di un camaleonte”. Che città è Berlino?
“E’ una città che cambia da un giorno all’altro, proprio come un camaleonte. Non sta mai ferma. Vive nella trasformazione incessante della propria identità. Ha vissuto i due totalitarismi, nazista e comunista. Ha conosciuto il Muro e la democrazia, il rigore e la tolleranza. Le razze un tempo neglette acquisiscono oggi piena legittimazione. Le cicatrici restano, ma la speranza rinasce sempre. Lasciatemi fare, ci penso io, sembra dire lo spirito berlinese: saprò curare le ferite, lenire le piaghe, disinfettare dove serve, innestare le protesi e provvedere ai risarcimenti.”

Quanta preparazione c’è dietro per scrivere pagine così approfondite su una città che non è la sua?
“Dietro questo libro ci sono anni di appunti, incontri, emozioni, andate e ritorni. Ci  sono anche altri libri, miei e non soltanto miei. Per questo ho inserito una rigorosa bibliografia e un indice dei nomi. “Berlin” si può leggere anche come uno schedario, un’enciclopedia, in linea con il nuovo spirito informatico perché ogni frammento, ogni pagina è autonoma. Uno può anche leggere qua e là, senza seguire una cronologia.”

Memoria e futuro. Nel suo viaggio a Berlino quanto ha assaporato della storia del nazismo e quanto invece ha visto con i suoi occhi sul gigante moderno che rappresenta un esempio importante per l’architettura moderna?
“Il tempo di guerra lo senti ancora in certi cortili disadorni, nei parcheggi abbandonati, nelle zone dismesse, negli angoli meno accessibili. E’ come se Berlino fosse un’orfana dispersa che tu vorresti aiutare a rialzarsi, a trovare una famiglia. Poi alzi gli occhi e vedi i nuovi grattacieli, le nuove strutture architettoniche e capisci che questo è già avvenuto, ma gli esseri umani impiegano più tempo degli edifici per guarire. Devono passare le generazioni. Ecco perché i giovani sono quelli che oggi voltano pagina.”

Davanti ai resti del Muro ci può dire le sue idee? Non era facile ripartire da lì ma la forza dei tedeschi…
“Del Muro oggi sono rimasti soltanto pochi resti, ma basta guardare la città dall’alto (ad esempio dalla Torre della Televisione in Alexanderplatz) per rendersi conto che la struttura urbanistica di Berlino è ancora spezzata: da una parte ci sono gli edifici in stile sovietico, dall’altra le invenzioni architettoniche del capitalismo. In fondo sono state le due anime del Novecento. Per questo io credo che ognuno di noi potrebbe ripetere con John Fitzerald Kennedy: “Ich bin ein Berliner” (Io sono un berlinese).”

Eraldo Affinati è nato nel 1956 a Roma, dove vive e lavora. Tra i suoi libri ricordiamo Bandiera bianca (1995), Campo del sangue (1997), Un teologo contro Hitler. Sulle tracce di Dietrich Bonhoeffer (2002), Secoli di gioventù (2004) e La Città dei Ragazzi (2008).