L’Italia chiamò: la verità. Intervista ad Angelo Miotto

italiachiamoUn’ingiustizia. Così Angelo Miotto in “L’Italia chiamò” (Verde Nero, 2009) definisce la questione dell’uranio impoverito e delle relative morti. Un libro-dvd, un’inchiesta realizzata in collaborazione con Leonardo Brogioni e Matteo Scanni.

Innanzitutto una precisazione. Quando si parla di “Uranio impoverito”, di cosa si parla?
“L’uranio impoverito è uno scarto dell’uranio arricchito. Parliamo di materiale di risulta nella lavorazione che avviene trattando il nucleare. L’uranio impoverito, di per sé, non è nocivo, se non viene inalato o disperso nell’aria, o fatto esplodere. La ricerca dell’industria bellica ha scoperto da diversi anni che l’uranio impoverito aveva caratteristiche molto funzionali al perforamento, per esempio, dei metalli delle corazze. Di qui il suo uso in guerra, senza studi approfonditi sulle conseguenze di un materiale a bassa radioattività nel momento dell’esplosione, quindi con temperature assai elevate, e nel momento della contaminazione umana e ambientale.”

Uranio impoverito. Il governo e l’esercito hanno taciuto e mandato a morire i nostri soldati? E’ così?
“Lo Stato Maggiore, le autorità che siedono fra gli eserciti della Nato furono avvertiti dagli Stati Uniti dei pericoli e delle necessarie  protezioni da prendere. Washington aveva sperimentato la drammatica Sindrome del Golfo con morti e ammalati proprio per l’esposizione all’uranio impoverito in Iraq. Stiamo parlando della prima guerra del Golfo, 1991. Nonostante questo sia ormai un dato assodato, i militari italiani inviati in teatri di guerra, per le cosiddette missioni di ‘pace’ non hanno avuto le protezioni necessarie. Giravano in maniche di camicia, mentre i loro colleghi statunitensi sembravano astronauti chiusi in tute spaziali. Ma la responsabilità penale di queste morti non stanno ricadendo su nessuno.”

Che fine hanno fatto le denunce dei soldati?
“Vengono vagliate dai tribunali. Vengono prese in considerazione dalle commissioni parlamentari. Ma il dato certo è che nessun perito di un tribunale è ancora riuscito a stabilire un nesso causale provato al 100 % fra l’esposizioni alle polveri di uranio e le patologie tumorali che insorgono in centiniaia di soldati. In ambito penale è richiesta la prova certa. In ambito amministrativo, per il riconoscimento della causa di servizio e delle indennità, la giurisprudenza ha svolto numerosi passi in avanti, arrivando a stabilire dei criteri di possibilità e probabilità che portano a dei coefficienti economici per il risarcimento delle vittime e dei loro familiari. La tendenza in atto risale a una sentenza che ha fatto scuola, della Cassazione, del gennaio del 2008.”

Deve ancora uscire qualcosa o la bomba è già stata fatta esplodere?
“Il picco dei malati e dei morti deve ancora verificarsi. Ad oggi i morti accertati sono oltre 179, più di 2500 i malati. Ma le richieste di aiuto che provengono dai militari che sono stati nei paesi in cui sono state utilizzate armi all’uranio impoverito sono in continuo aumento.”

Lei come si è avvicinato a questo libro?
“Quando nell’autunno del 2007 l’allora ministro Arturo Parisi diede vita, con i dati che gli avevano fornito i generali, al famoso balletto delle cifre su ammalati e deceduti, con Matteo Scanni e Leonardo Brogioni abbiamo sentito l’esigenza di raccontare un diario intimo di chi sta attraversando un vero e proprio calvario. L’indignazione ha mosso i nostri passi. Abbiamo scelto gli strumenti che meglio conosciamo: video, audio, fotografia per un prodotto complesso e multimediale. Da lì siamo arrivati al libro.”

Un libro realizzato a sei mani. Quanto è stato difficile assemblare le vostre idee?
“Assemblare idee non è difficile. Una buona organizzazione del lavoro, una ripartizione geometrica, un continuo confronto sono state le reogle che ci siamo dati. Il passo più difficile è stato quello di rendere in qualche modo omogeneo lo stile, per evitare che i tratti soggettivi della scrittura emergessero troppo prepotenti.”

Che idea si è fatto di tutta questa vicenda anche alla luce di questo vostro lavoro?
“C’è un’evidente ingiustizia, manca la volontà politica di affrontare le responsabilità. I risarcimenti sono dovuti e necessari, ma quello che manca, come spesso accade quando si parla di disegni che hanno a che fare con le divise, è la capacità di dire parole definitive anche quando si è sbagliato.”

Tutta questa vicenda come la definirebbe? Uno scandalo, una tragedia, un’ingiustizia?
“Un’ingiustizia.”

Questo libro è il primo della collana Inchieste di Verde Nero. Come è nata la vostra collaborazione?
“Dalla conoscenza con Alberto Ibba e il suo interesse per il nostro lavoro. Verde Nero ha apprezzato il nostro stile di lavoro e ha ritenuto di poter investire su un libro con dvd, primo caso nella sua storia.”

Leonardo Brogioni è fotografo e giornalista. Nel 1992 è tra i venti fotografi europei del Premio Kodak European Panorama of Young Professional Photography. Nel 1998 vince il Premio AFIP per la fotografia italiana di ricerca nella sezione reportage. Dal 1999 al 2002 scrive di fotogiornalismo sulla rivista Progresso Fotografico. Dal 2000 è docente di fotogiornalismo all’Istituto Europeo di Design. È tra i fondatori dell’associazione di cultura fotografica Polifemo.

Angelo Miotto è giornalista professionista, caporedattore dell’agenzia web e del mensile PeaceReporter. È stato redattore e inviato di Radio Popolare, Popolare Network, dove ha firmato format, realizzazione e regia di trasmissioni di inchiesta. Insieme a Giovanni Giacopuzzi ha pubblicato il saggio Storie basche. Nel 2007, con Matteo Scanni, ha ricevuto il primo premio dedicato a Enzo Baldoni, con il documentario Cronache basche.

Matteo Scanni è giornalista e regista, coordina la Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica. Si è occupato di caporalato, contrabbando di rifiuti, spionaggio industriale, sistemi criminali, patrimoni immobiliari occulti e carcere. È autore dei documentari Piani di fuga, Il paese del maiale, O Sistema, Cronache basche, Maria Grazia Cutuli. Il prezzo della verità. Le sue inchieste sono state trasmesse dalla Rai e pubblicate su il Mondo, Corriere Lavoro, Corriere della Sera, l’Espresso, D Donna e Diario. Con i suoi lavori ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui il Premio Ilaria Alpi.

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