I disarmati dalla mafia tra convenienza e connivenza

idisarmatiLa lotta alla mafia unisce solo i morti. I vivi li divide tra chi la fa e chi la lascia fare agli altri“. Questa non è solo una frase provocatoria sul retro di un libro, ma parole ad effetto messe lì per colpire. Questa frase racchiude in breve tutto il profondo significato contenuto nel nuovo lavoro del giornalista Claudio Fava, “I Disarmati” (Sperling & Kupfer, 2009), presentato mercoledì 13 maggio presso la Feltrinelli di piazza Duomo a Milano. ESCLUSIVA/Video intervista all’autore

I Disarmati – spiega il giornalista e politico autore del libro – è un titolo ingannevole perché fa pensare che ci troviamo pessimisticamente disarmati nei confronti della mafia. Invece io ho voluto raccontare di tutta quella gran fetta di popolazione che decide volontariamente di lasciarsi disarmare dalla mafia, di chiudersi nel guscio di omertà che essa impone, di scegliere la convenienza piuttosto che la legalità“. “La ricerca di Fava – spiega il collega Gianni Barbacetto, presente all’incontro – non vuole solo parlare di mafia, ma soprattutto vuole proporre un ragionamento sull’antimafia. Dopo anni in cui di questi argomenti non si poteva nemmeno parlare, credo che oggi si sia raggiunta una distanza tale per poterci fare delle serie riflessioni“.

C’è un’antimafia di cose fatte, conquistate, volute con ostinazione. Ma c’è anche l’antimafia delle occasioni perdute, di chi ha voltato le spalle a se stesso, ha svenduto il mestiere e la faccia. Di solito si racconta la prima, con i suoi eroi, i suoi martiri, le buone intenzioni. Per la prima volta questo libro racconta la verità sugli errori, le ingenuità, le viltà di chi avrebbe dovuto e potuto fare, ma ha preferito non fare. I Disarmati perlustra le terre di mezzo, le infinite zone grigie della contiguità e della compiacenza che hanno imbavagliato l’antimafia e reso possibile, quando non favorito, la mafia. Un viaggio che racconta i complici del silenzio e del consociativismo mafioso: nel giornalismo, nella politica, nella società civile. Per una volta, con i nomi e i cognomi al loro posto. Non mancano i ritratti di incredibile forza emotiva e collettiva di chi la propria battaglia l’ha combattuta e la combatte ogni giorno fino in fondo, che sono evocati come la cifra di una terra che non si arrende e non si adegua.

Claudio Fava riesce ancora a indignarsi nei confronti di un sistema silenzioso che assorbe tutto e che avrebbe potuto assorbire anche lui. I Disarmati è un viaggio in Sicilia, a Palermo, a Catania, con qualche capatina negli uffici romani che contano, magari dei partiti della sinistra. Demolisce con fredda brutalità due dei più grandi quotidiani siciliani: il Giornale di Sicilia e La Sicilia. Un viaggio che racconta di fatti e persone, nomi e cognomi, colpevoli e colpiti, ma senza pietismo e falsi moralismi. Solo fatti nudi e crudi. Puro lavoro di denuncia giornalistica che si astiene dai giudizi perché di fronte a pizzi, regolamenti di conti, intrecci tra mafia e giornalismo, politica e magistratura ogni commento lascia il tempo che trova.

Storie di persone coraggiose costrette a combattere quotidiane battaglie solitarie, spesso derisi e guardati come alieni. Fava torna agli anni ’80, dopo l’eccidio di Dalla Chiesa, della moglie e dell’agente di scorta.

Alla fine del libro al lettore viene da porsi una domanda – commenta il magistrato Armando Spataro -: questi giudici, giornalisti, politici corrotti e invischiati nelle maglie mafiose, a distanza di anni, avranno avuto qualche ripensamento sulla propria condotta? Si saranno chiesti quanto l’intermittenza di atteggiamenti nei confronti dei cittadini, il tradimento della fiducia accordata loro dalla gente, possa aver contribuito a rendere marcio il nostro Paese?“.

Claudio Fava (1957), giornalista professionista dal 1982, impegnato in politica dall’inizio degli anni Novanta, è parlamentare europeo dal 1999. Ha lavorato per i principali magazine italiani su molti fronti di pace e di guerra (dalla Somalia alla Cambogia, dal Libano al Salvador). La scrittura è stata soprattutto una preziosa arma di denuncia culturale e di militanza civile contro i poteri e le impunità mafiose: fra i libri pubblicati Cinque delitti imperfetti (1994) e Nel nome del padre (1996), dedicato al padre Giuseppe, giornalista ucciso dalla mafia nel 1984. È autore, insieme a Monica Zapelli e Marco Tullio Giordana, della sceneggiatura del film I cento passi.