L’abbazia dei cento peccati – Intervista a Marcello Simoni

978-88-541-6854-1_1“I tre uomini si incontrarono dopo il tramonto, in gran segreto”, è l’incipit del nuovo avvincente thriller medioevale L’abbazia dei cento peccati. Codice Millenarius Saga di Marcello Simoni (Newton Compton 2014) in uscita oggi. 12 aprile 1333 Selve di Ferrara, ai confini del borgo di San Giorgio. Padre Facio da Malaspina, monaco dall’aspetto deforme, in fuga da tre anni “per nascondere una cosa tanto rara quanto preziosa” era stato catturato dagli uomini fidati del Cardinale. “Un piccolo rotolo di pergamena” era conteso dall’alto prelato e da due nobiluomini, padre e figlio. Il 26 agosto 1346 sull’Altopiano di Crécy, al prode cavalier Maynard de Rocheblanche, sopravvissuto a uno dei combattimenti più importanti della Guerra dei Cent’anni quale la terribile battaglia di Crécy, veniva affidato da parte del morente Jang de Blannen, noto come Giovanni I di Boemia, “un piccolo rotolo di pergamena, infilato in un anello”. Il re di Boemia aveva supplicato de Rocheblanche di nascondere la pergamena e di non mostrarla a nessuno “… A nessuno mai… Nemmeno a mio figlio. Giurate di obbedirmi, ve ne prego”. Al cospetto di un re morente, che faceva appello al suo onore di cavaliere, Maynard aveva giurato di custodire il suo segreto, giacché “nulla quanto l’onore, in momenti tanto oscuri, rendeva gli esseri umani simili agli angeli”.
Ancora una volta Marcello Simoni con bravura e competenza accompagna il lettore in un’epoca storica, quella medioevale, che sa illuminare grazie a una serie di personaggi indimenticabili. La ricostruzione storica è impeccabile, la trama avvince e coinvolge, ma non riveliamo di più per non superare i cento peccati magari con uno più grave, quasi… mortale…
“Nell’anno del Signore 1345, sul finire del mese di marzo, i pianeti Saturno, Giove e Marte entrarono in congiunzione tra il 15° e il 17° grado del segno dell’Acquario, dando forma a un evento astronomico che infiammò i cuori e le menti dei sapienti dell’epoca. … Negli anni a venire, l’Europa fu colpita dalla guerra, dalla carestia e dalla peste… Fu proprio in quel terribile momento, infatti, che un’abbazia sorta non lontano dal mare vide nascere dentro di sé uno dei cicli pittorici più affascinanti e misteriosi del Medioevo. Questa è la storia degli uomini e delle donne che presero parte alla sua realizzazione”.
Marcello, il sottotitolo del libro recita: Codice Millenarius Saga. Siamo di fronte a una nuova epopea da Lei ideata?
Sì. L’abbazia dei cento peccati apre una saga destinata a descrivere le peripezie del cavaliere Maynard de Rocheblanche, del pittore Gualtiero de’ Bruni e dell’abate Andrea di Pomposa. Dopo la trilogia del Mercante, sentivo la necessità di cimentarmi in qualcosa di più grande, più coinvolgente, che insieme al senso del Medioevo mettesse in risalto il profilo di grandi uomini animati dall’onore, dalla genialità e dal desiderio di fede. Valori universali, insomma, appartenenti a ogni epoca. E come tali, destinati a scontrarsi in eterno con l’ambizione, l’invidia e la prepotenza.
“La superbia allontana da Dio; l’invidia dal prossimo; l’ira da noi stessi”. Per quale motivo ha posto come esergo del romanzo una frase di Ugo di San Vittore tratta da De quinque septenis II?
Perché questo passo descrive non solo i peggiori peccati secondo la teologia medievale ma anche i mali capaci di distruggere i valori dell’umanità. E poiché non esiste uomo o donna esente da simili peccati, non possono esistere neppure personaggi letterari immuni a essi. Soprattutto nel noir e nel mistery. Soprattutto nei miei romanzi, dove la ricerca della bellezza, della giustizia e della sapienza dovrà costantemente misurarsi con il male – quello dentro ognuno di noi – se vorrà giungere a compimento.
Qual è l’Abbazia dei cento peccati?
È un luogo simbolico, come l’Albero dei vizi che secondo la teologia medievale germogliò sulla tomba del vecchio Adamo. Dopotutto ognuno di noi è un tempio, e fra le mura di questo tempio racchiude segreti, sogni e colpe destinate a gravare per sempre sulla coscienza. Nel mio romanzo, tuttavia, compaiono edifici sacri che ben si addicono a questo titolo: un monastero francese, sede di un arcano mistero, e soprattutto l’abbazia benedettina di Pomposa, tra le più importanti d’Italia e principale ambientazione dell’intreccio. Ho voluto ricostruirla con cura, partendo dai suoi affreschi, dallo scriptorium e dalla figura dell’abate. Il reverendo Andrea di Fano, infatti, esistette realmente e fu il promotore dello straordinario ciclo biblico ancora oggi esistente.
Cos’è il Lapis exilii?
Se vorrete saperlo, dovete attendere la conclusione della saga. Per ora posso soltanto rivelare che non si tratta di una mia invenzione ma un oggetto mistico di cui parla un’antica tradizione storico-leggendaria.
Scelga un personaggio del romanzo e ce lo descriva brevemente.
Maynard de Rocheblanche è colui che spicca maggiormente in questo primo capitolo della saga. Si tratta di un cavaliere, un uomo d’onore che a un certo punto si ritrova senza scopo e senza ideali. Nel momento più tragico della sua vita, tuttavia, verrà messo di fronte a una scelta: custodire un segreto di cui non sa nulla ma da cui dipendono le sorti dell’intero Occidente cristiano. Trovandosi di fronte a quella che sembrerebbe una grande impresa, Maynard accetta con l’intento di riscattarsi e di espiare un grave peccato, legato alla figura del padre Gaspar e della sorella Eudeline.
Qual è il filo che lega i protagonisti principali del libro?
Il tema della ricerca, legato al desiderio di realizzare i propri ideali. Se Maynard crede di poter riscattare il proprio onore scoprendo la verità sul Lapis exilii, l’abate Andrea cercherà di ritrovare la fede perduta attraverso una riforma spirituale tesa alla realizzazione di un grande affresco: compito, questo, che ricadrà sulle spalle del geniale Gualtiero de’ Bruni e del padre Sigismondo.
Quali fonti ha consultato per la redazione del romanzo?
Moltissime. Scrivere thriller storici richiede una profonda documentazione che si traduce in lunghe ore trascorse tra libri e archivi. La ricerca tuttavia è uno degli aspetti più stimolanti del mio lavoro, pur restando relegata a quella che definirei la messa in scena di gioco effimero, destinato a offrire un senso di verosimiglianza storica senza intralciare le vicende dei miei personaggi con noiosi paragrafi saggistici. Ciò nondimeno, vale la pena accennare alla storiografia ferrarese (da Riccobaldo al Frizzi) e al cassinese Placido Federici, autore di un prezioso testo sull’abbazia di Pomposa. Non sono mancate naturalmente incursioni nella saggistica e nella manualistica di autori contemporanei, che mi ha reso informazioni utilissime sulla battaglia di Crécy, sui cardinali avignonesi del XIV secolo, sulla pittura medievale e sulle tecniche di combattimento… Tutto verrà svelato nelle ultime pagine del mio romanzo, mediante una dettagliata nota storica. Ancora una volta, non con la pretesa di voler insegnare alcunché ma per stimolare la curiosità dei lettori.
Marcello Simoni è nato a Comacchio il 27 giugno 1975. Laureato in Lettere, ex archeologo e bibliotecario, ha pubblicato diversi saggi storici e racconti. Con Il mercante di libri maledetti, romanzo d’esordio, ha vinto il 60° Premio Bancarella, è stato selezionato al Premio Fiesole 2012 ed è stato finalista al Premio Emilio Salgari 2012. I diritti di traduzione sono stati acquistati in diciotto Paesi. Con la Newton Compton ha pubblicato anche La biblioteca perduta dell’alchimista, I sotterranei della cattedrale, Il labirinto ai confini del mondo, tutti bestseller e ai vertici delle classifiche. L’isola dei monaci senza nome ha vinto il Premio Lizza d’Oro 2013.
Autore: Marcello Simoni
Titolo: L’abbazia dei cento peccati. Codice Millenarius Saga
Editore: Newton Compton
Anno di pubblicazione: 2014
Prezzo: 9,90
Pagine: 336