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Apocalisse. Alle origini della fantascienza latino...

“Le leggende del nonno…”

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Le leggende del nonno di tutte le cose è un libro di favole che nasce esso stesso da una favola, o almeno da una storia che ci piacerebbe fosse una favola. Mauricio Rosencof è stato detenuto per tredici anni in isolamento, nella sua cella non poteva tenere nessun oggetto personale e ben che meno avere carta e penna per scrivere, ma che una volta al mese riceveva la visita di sua figlia Alejandra, una bambina nata essa stessa in caserma, perché sua mamma era incinta quando è stata arrestata. E per sua figlia, per farle dimenticare lo squallore del parlatorio del carcere, inventava storie. Queste storie sono poi state scritte e raccolte in questo libro, non solo per sua figlia che ormai era diventata grande, ma anche per la sua nipotina e per tutti i bambini che nelle proprie labbra nascondono queste parole: “Raccontami una storia”. Sono storie piene di bellezza e di libertà, cosa eccezionale considerando le condizioni nelle quali sono state concepite.

Quattordici favole per raccontare la creazione del nostro mondo, o meglio della creazione della bellezza nel nostro mondo. Nella mente di Rosencof e nelle parole del “Nonno della Sera” il sole è un alveare di lucciole e i primi fuochi bruciavano senza fumo, che arrivò come regalo degli abitanti di Urano. I soffioni non sono altro che piccoli soli, bianchi e leggeri inviati da Venere per far compagnia alle bambine che giocavano da sole; e in una Terra in cui le arance erano verdi (dolci ma verdi) i Pesci Arancioni di Marte intrapresero una traversata per portare il loro colore a completare l’arcobaleno e a colorare il fuoco dell’Uomo Primitivo.

Sono favole dai toni delicati queste, piene di colori, di dolcezza e di magia. Ci troviamo davanti a racconti solo in apparenza leggeri ma che, attraverso il linguaggio semplice delle fiabe, ci testimoniano come sia possibile, anche nella privazione della dittatura, conservare la propria integrità interiore grazie alla conservazione della memoria, alla pratica dell’immaginazione e al gusto di narrare.
Ad arricchire il libro ci sono l’introduzione di Diego Sìmini, docente di Letteratura spagnola presso l’Università del Salento e la postfazione sulla vita di Mauricio Rosencof di Serena Ferraiolo, docente di Lingua e letterature ispanoamericane all’Università di Salerno. A chiudere troviamo le belle illustrazioni dai toni pastello di Elisabetta Rossini che contribuiscono a dare colore a ognuna delle storie.

“Questa è la Leggenda di una Barchetta di Carta. Non di una qualsiasi, ma della prima. Di quella che arrivò sulle coste della Terra nei Tempi dell’Antichità, da dove solitamente provengono le Cose di Prima. Molti credono che la prima barca sia stata fatta con un foglio di quaderno. Altri studiosi di storia navale sostengono che fu costruita con un foglio di diario. Ma nell’Antichità non esistevano librerie, né diari, né quaderni. C’era solo un Mare calmo e verde, prima che il Vento arrivasse, e fiumiciattoli di sabbia dove i piedi nudi dei bambini ridevano, allargando le dita per il solletico provocato dalla sabbia dorata che camminava dolcemente sul dorso dei piedi.”

“Questa fiamma rossa che brilla da un albero all’altro e viene qui per posarsi in questa mano (dove berrà sorsi d’acqua che conservo per lei nella conca del mio palmo), è un uccellino che nacque dal Fuoco. Si chiama Churrinche. Il Nonno della Sera fece una pausa nel suo racconto al vento, mentre la fiamma, senza bruciarlo, piegava le sue ali e si posava sul pollice.”

Mauricio Rosencof è uno scrittore, giornalista, drammaturgo e politico uruguayano. È stato dirigente del Movimento di Liberazione Nazionale uruguayano – Tupamaros. Venne arrestato nel 1972 e dichiarato “ostaggio” della dittatura insieme ad altri otto detenuti. Nel 1985, dopo tredici anni di isolamento e torture fisiche e psicologiche, fu liberato. Attualmente vive a Montevideo. In Italia sono stati pubblicati Le lettere mai arrivate, Le Lettere, Firenze 2008 e Memorie dal calabozo, Iacobelli, Roma 2009.

Autore: Mauricio Rosencof

Titolo: Le leggende del nonno di tutte le cose

Editore: Nova Delphi Libri

Anno di pubblicazione: 2011

Prezzo: 14 euro

Pagine: 120

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“Racconti fatali”

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La casa editrice “Nova Delphi” fa scoprire al pubblico italiano i “Racconti fatali” di Leopoldo Lugones, poeta, giornalista, narratore argentino, che ha saputo dare spirito, corpo e sostanza al racconto fantastico sudamericano, considerato da Borges e Cortàzar un vero e proprio maestro. La vita di Lugones fu segnata da numerose svolte e frequenti cambiamenti, sopratutto politici,passò dal socialismo al liberalismo e poi al conservatorismo e infine al fascismo e alla speranza che una svolta autoritaria dell’Argentina potesse portare il Paese fuori da un dibattito che si era aggrovigliato su se stesso. Lugones non chiese mai alla politica, tanto rifiutare, durante il governo militare e conservatore, il direttorio della Biblioteca Centrale Argentina.

Ne i “Racconti fatali” Lugones sembra erigere le fondamenta per la nuova letteratura sudamericana, pulita dagli orpelli del localismo e della costante introspezione e varca le porte Scee del fantastico creando col lettore una sorta di patto  dove il narratore onnisciente dei primi tre racconti (Il vaso di alabastro, Gli occhi della Regina e Il pugnale), conduce per  mano il lettore fino a confonderlo su cosa sia reale e cosa sia fantastico, mescolando come ne “Il vaso di alabastro” e “Gli occhi della Regina” alle importanti scoperte in ambito archeologico che tra l’800 e i primi decenni del ‘900 fecero sognare molti studiosi sulla natura della civiltà egizia e della natura della specie umana stessa. La prosa di Lugones è quindi fantastico-antropologica dove l’uomo/narratore sembra chiedersi il significato delle proprie origini e del proprio futuro, rifugiandosi nell’archetipo della magia e del fantastico. E’ prosa irrazionale e delle origini che però si lega ad un fantastico “reale”, quando ne “Il segreto di Don Giovanni” e in “Agueda” il contesto diventa la quotidianità argentina.

Leopoldo Lugones segna con i “Racconti fatali” proprio una passerella tematica ed ideale tra originario e quotidiano, creando una realtà mitica e forte, che arriva con intatta attualità fino ai giorni nostri, perché il “destino fatale” che lega tutti i racconti, una forza oscura dove, né l’archeologo che muore inebriato dai profumi del Faraone non può che accettare la fatalità della sua scoperta e la fatalità del suo destino, né il Don Giovanni reincarnato che spazia tra luoghi ed epoche, possono opporsi a questo.

La scrittura di Leopoldo Lugones, sapientemente tradotta, è figlia di questo flusso narrativo, scorrevole ed incessante, un ritmo forte che taglia il fiato e ci conduce ad un punto visivo di non ritorno. Lugones si estranea ed estranea la sua scrittura, creando quel mondo originario nella sua Argentina, dove niente è più forte della storia e del destino, lo stesso destino che lo porterà a togliersi la vita in un hotel per cause mai chiarite, ma forse questa opera, può chiarirle, perché Lugones si sentiva parte di quella fatalità, sentendosi figlio della terra e delle idee, opponendosi alla realtà e divenendo parte di quel significato sincretico ed esoterico della terra argentina che ha cercato per una vita intera, ponendo con quel suicido, l’immortalità della sua figura e della sua anima innovatrice che è fondamento della nuova cultura sudamericana. Una raccolta da leggere per capire un mondo nuovo.

Leopoldo Lugones, poeta, narratore, giornalista e storiografo argentino, nasce a Córdoba nel 1874. Fa il suo esordio letterario con l’importante raccolta lirica Las montañas del oro (1897), ispirata da sentimenti umanitari e socialisti, cui seguono Los crepúsculos del jardín (1905) e Lunario sentimental (1909). Nel 1916 riunisce, sotto il titolo di El payador, una serie di conferenze dove, per primo, riconoscerà l’influenza del poema epico Martín Fierro sulla formazione dell’identità culturale del popolo argentino. I suoi racconti riuniti nelle raccolte Las fuerzas extrañas (1906) e Cuentos fatales (1924) sono oggi considerati dalla critica internazionale precursori della narrativa breve in America latina tanto che scrittori come J.L. Borges e J. Cortázar non esiteranno a definirlo loro indiscusso “maestro”. Il 18 febbraio del 1938 Lugones si toglie la vita in un hotel non distante dalla sua amata Buenos Aires per ragioni ancora misteriose.

Autore: Leopoldo Lugones

Titolo: Racconti fatali

Editore: Nova Delphi

Anno: 2012

Pagine: 176

Prezzo: 9 Euro

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