Gli scomparsi

gli_scomparsiGli scomparsi di Daniel Mendelsohn (dopo la traduzione del 2007   di Neri Pozza ora leggibile in italiano in edizione economica grazie a Beat) è un romanzo (altri direbbero un memoir) che vale la lettura impegnativa imposta dalla sua mole. Lo diciamo subito perché la narrazione intorno  all’Olocausto è cospicua e il lettore distratto potrebbe anche pensare di averne abbastanza.

Peraltro, l’interesse dichiarato dell’autore  riguarda più le vicende di alcuni suoi famigliari “scomparsi” appunto, che l’evento storico in assoluto – al punto che qualcuno ne ha parlato come di una “detective story”.

Discendente di una famiglia di ebrei finita in America da uno stethl galiziano, insegnante di greco antico a New York, saggista per il New Yorker  e il New York Times Book Review,  Mendelshon affronta il tema guardandolo dalla specola di alcuni componenti della sua famiglia, in particolare una coppia di zii e le loro quattro figlie. Ricostruendo e mappando le piste di una genealogia complessa si accorge che delle sei persone manca qualsiasi notizia. Se uno speciale omissis ne cancella le tracce, l’inquietudine nasce per contrasto dalla loquacità con cui il nonno invece gli ha sempre raccontato le storie di casa.

La sua ricostruzione è ostinata, capillare, dai parenti si allarga verso il villaggio originario e il mondo ebraico di quell’Europa centrale ottimamente raccontata anche ne La famiglia Karnowski di Singer recentemente tradotto da Adelphi. Mentre insegue gli indizi, il lettore insegue lui e il suo racconto: partecipe e asciutto insieme. E in un certo senso filosofico, dal momento che si interroga sulla possibilità di conoscere e comprendere davvero il passato.

Cosa che uno scrittore può fare soltanto facendo ‘rivivere’ i suoi personaggi: ossia sottraendoli al loro destino di meri  numeri della tragedia e ritrovandoli come individui unici e irripetibili. Qui lo scrittore lo fa attraverso la testimonianza dei sopravvissuti, i quali sono portatori a loro volta non solo di storie altrui ma anche di ciò che sono stati (e di ciò che ne è rimasto) in prima persona.

Ipotesi, dubbi, incertezze, tutto concorre alla costruzione di una storia complessa che ha richiamato i nomi di Proust (per il respiro lungo della prosa e per l’interrogazione sulla memoria) e Sebald – il secondo, soprattutto per le immagini che corredano il testo (che resta però autonomo e non si costruisce con le fotografie come accade con Sebald). Più cogenti allora le influenze della letteratura ebraica classica, le riflessioni sulla parola che appartengono alla tradizione, dall’Antico Testamento (che viene parzialmente utilizzato come schema narrativo nel montaggio delle vicende) alla Torah. Un libro che è un viaggio lungo e appassionato.

Daniel Mendelsohn è nato nel 1960 a Long Island, ha compiuto studi classici alla University of Virginia e poi a Princeton. Scrive di letteratura, cinema e teatro sulla New York Times Book Review, sul New Yorker, sulla New York Review of Books.

Autore: Daniel Mendelsohn

Titolo: Gli scomparsi

Editore: Beat Edizioni

Anno di pubblicazione: 2013

Traduzione: Giuseppe Costigliola

Pagine: 730

Prezzo: 11 euro