Il fascino del bene. Intervista a Luigi D’Urso

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Il fascino del bene (O.G.E., 2011) è il nuovo romanzo di Luigi D’Urso, scrittore esordiente milanese. D’Urso è la firma che si cela anche dietro allo pseudonimo di Anonimo Milanese, autore del noir  La persona che trovò un libro per strada.

Il libro in questione si guadagnò l’onore della cronaca nel 2006 per il suo bizzarro metodo di distribuzione: gettato in 4mila copie lungo tutti i marciapiedi di Milano.

Il fascino del bene è un romanzo più maturo, difficilmente etichettabile per via della sua commistione di generi che spaziano dal romanzo storico, al giallo, al genere apocalittico. A parlarcene è l’autore che ha dedicato un po’ del suo tempo a il Recensore per rispondere alle nostre domande.

Il suo romanzo ha una struttura originale, la può descrivere ai nostri lettori e svelarci eventuali precedenti narrativi?
“Ho utilizzato le note a piè di pagina come strumento per inserire un “romanzo nel romanzo” collegato e indispensabile alla trama principale. Sono un lettore onnivoro e, al momento, nel mio cammino, non ho ancora trovato un romanzo che utilizza questa tecnica tipicamente “saggistica”. Può sembrare un artificio che appesantisce la lettura proprio perché, nell’immaginario collettivo, affiora l’idea del saggio, di un testo, cioè, che spesso si legge per lavoro o per studio. Ho profuso il mio impegno per renderlo una cassa di risonanza della trama e l’effetto finale, questo il giudizio dei miei pochissimi lettori, regge. E dico pochissimi, non per introdurre il solito piagnisteo dell’esordiente, ma perché consapevole di aver scritto un’opera “da camera”. Se fossi un musicista, mi esibirei sempre nei teatri, non negli stadi, anche se dovessi avere successo. So che incontrerò l’antipatia di molti, ma ritengo che Leopardi avesse ragione quando descriveva la cultura come un cibo per una elite e non per la massa. Attenzione! Non sto parlando di laurea o di percorsi accademici, bensì di sensibilità: un’opera d’arte può essere compresa meglio da un analfabeta che da un professore universitario e vice versa. Ciò che conta non è la quantità di nozioni, ma l’intelligenza con cui la usiamo. Il Fascino del bene ha poi una struttura temporale particolare: la prima parte si svolge nel passato, la seconda nel futuro. La terza e ultima descrive l’Apocalisse che è la negazione del tempo poiché, come è scritto nel testo sacro, al suo termine non esisterà più il concetto di dopo.”

Chi è uno scrittore oggi?
“Oggi lo scrittore è un cronista della quotidianità. Non possiede più la tecnica di scrittura né la capacità di visione. Le trame sono asfittiche e ruotano quasi sempre intorno a personaggi mediocri e provinciali: la bidella lesbica che ha problemi con il figlio adolescente, l’anoressica tossica, lo studente disadattato e taciturno. Certo, anche Dostoevskji descriveva il proprio tempo, ma i suoi personaggi sono divenuti universali. E il motivo è semplice: possedeva la tecnica della narrazione, l’evoluzione dei tempi, soprattutto psicologici. Oggi devi sorbirti trenta pagine di descrizione di una città, o di un quadro, prima di entrare nell’azione psicologica del protagonista. C’è poi molta falsa umiltà sia tra gli affermati sia tra gli esordienti. Nel proprio animo ogni artista percepisce la propria grandezza, può essere maestosa oppure modesta. Van Gogh sapeva di essere Van Gogh. Kafka sapeva di essere Kafka. Io so di essere Luigi D’Urso e di aver scritto un grande libro. Per la valutazione oggettiva di un fenomeno artistico (un brano musicale, un dipinto…) il successo non è un parametro. Soprattutto oggi, l’esperienza empirica dimostra come la maggior parte dei successi editoriali sia di natura mediocre e creata a tavolino dalle grandi fabbriche di parole stampate. La mia casa editrice è minuscola. Una bottega artigiana. L’unico luogo che poteva accogliere un lavoro così fuori degli schemi.”

Come si arriva alla pubblicazione di un libro?
“All’inizio pagando l’editore. Ci sono precedenti illustri e innumerevoli. Il mio poeta preferito, Arthur Rimbaud, ha pagato la stampa della sua opera più celebre. Luigi Pirandello anche. Sei anni fa, io ho pagato a mie spese la stampa di un mio noir e con alcuni amici ho gettato – letteralmente – lungo i marciapiedi di Milano 4 mila copie. Come vede, ci sono molti modi per raggiungere il pubblico e non tutti passano attraverso case editrici e librerie.”

Se avesse a disposizione un solo aggettivo come definirebbe il suo lavoro?
“Geniale.”

E un solo sostantivo?
“Capolavoro.”

Non crede che a questo punto chi legge questa intervista penserà a lei come a una persona arrogante?
“Per scrivere qualcosa che rimanga occorrono disciplina e umiltà. Oggi tutti scrivono e nessuno legge. Io leggo sempre e ovunque. Leggo per piacere, per disperazione, per migliorare la mia scrittura e l’impianto del testo. Parto sempre dal presupposto che è possibile migliorarsi e impossibile arrivare alla perfezione. Questa è umiltà. Se poi arroganza significa contemplare il lavoro fatto e complimentarsi con se stessi, allora sono arrogante. Non mi aggrego alla schiera dei piagnoni che non sono mai soddisfatti del proprio romanzo e che non metterebbero mai la parola fine al lavoro. Le revisioni di ciò che scrivo sono limitate, questo perché, prima di digitare una frase, una singola parola, provo un’angoscia quasi fisica nel cercare l’espressione più adatta. Quando l’ho trovata vuol dire che sono soddisfatto, vuol dire che non esiste un’espressione migliore, e così vado avanti fino alla fine della storia.”

Significa aver trovato la perfezione! E lei ha detto che non esiste…
“Significa aver trovato l’espressione perfetta per ciò che dovevo scrivere e questa “disciplina” aiuta a migliorarsi sempre.”

Autore: Luigi D’Urso
Titolo: Il fascino del bene
Editore: O.G.E
Anno di pubblicazione: 2011
Pagine: 256
Prezzo: 18 euro

*Diritti dell’articolo di Roberto Marli

3 thoughts on “Il fascino del bene. Intervista a Luigi D’Urso

  1. Ottimo libro, crudo in alcuni passaggi ma molto ben scritto e con un finale veramente da grande classico.
    Un libro da leggere.

  2. ho comprato il libro dopo aver letto l’intervista. Era da tempo che non leggevo un romanzo italiano con un respiro europeo. Complimenti all’autore. Romanzo nuovo, con un’architettura fuori degli schemi. Un difetto? Non credo proprio che lo leggeranno in molti, ma di questo ne sembra consapevole anche l’autore mi pare.

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