Il porto dell’amore: Comisso e l’eros fiumano

portoamore-comisso“Italiano errante” e “uomo di mare, di commerci” (definizioni fatte in casa, da sé) Giovanni Comisso, “nipotino” spudorato di D’Annunzio, non a caso invaghito anch’egli dell’impresa fiumana, da essa prese le mosse per raccontarne ne “Il porto dell’amore” (Longanesi, 2o11) più che le gesta eroiche non sempre attendibili, i languori, l’iperestesica disponibilità al piacere, l’erotismo diffuso e proteiforme.


Tratti tutti verso i quali aveva attitudini in proprio, l’autore trevigiano, marcate e come dire sovra storiche rispetto all’obbligo sociale di stanza a Fiume di godere e sognare improbabili, aristocratiche repubbliche libertarie. Basti pensare al resto della sua produzione.

Nell’edizione in esame, Longanesi, l’esordio letterario di Comisso (1924, ristampato anni dopo con il titolo Al vento dell’Adriatico) è preceduto dalla prefazione di Nico Naldini e contiene oltre al racconto eponimo una serie di brevi storie – talora semplici visioni, suggestioni, descrizioni di sensazioni, di paesaggi, piccoli ritratti di personaggi – raccolte attorno al porto di Chioggia e alle coste dell’Adriatico.

L’atmosfera della “Città di Vita”, presa dai legionari dopo la delusione della Grande Guerra cui Comisso partecipò da volontario, è descritta qui al netto di rivendicazioni politiche. Il sogno ambiguo di Fiume, letto dalla destra e dall’anarchismo come matrici ideali di utopie opposte (da una parte, il modello TAZ tardo-freak di Hakim Bey, il “comunismo senza dittatura” di cui parlò avventurosamente, come suo stile, lo stesso D’Annunzio, la costituzione radicale scritta dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris”, dall’altra, l’esperimento nucleare di una nazione di uomini superiori che avrebbe dovuto ridare dignità al paese e magari conquistare il mondo), tutto questo in Comisso è decentrato, attento come egli era ai dati più immediatamente sensibili. Alle storie di uomini eccentrici, non solo lui evidentemente, ma il sodale Guido Keller, aviatore “maestro di prodezze”, per es. All’effusione sfrenata, alla lussuria panica, allo svisceramento di tepori, aromi,  al culto levigato dei corpi che gli fanno pensare “a certa polpa di pesche pallide”.

Comisso, in termini strettamente letterari insomma, era lo scrittore più idoneo per raccontare non la vicenda di Fiume dal punto di vista storico-politico (peraltro non ne aveva l’ambizione), ma nella sua visibile, tattile, sensoriale esperienza, secondo un’inclinazione vitalistica, epidermica, che gli era propria (come un Pasolini focalizzato nella sua resa più erotizzante e meno ideologico-culturalistica), attagliata alla perfezione al racconto fiumano più certo che si potesse fare: “la necessità – scrive – di vivere tutti i desideri e tutte le passioni umane”. Segnatamente, “le passioni e i desideri difficili”.

Il libro, nonostante notevoli difficoltà editoriali, procurò allo scrittore l’amicizia e la stima di figure importanti (Montale per es. parla di “libretto carnale e febbrile”). Ne sarebbe succeduta una carriera letteraria di primo piano principalmente versata sul terreno dell’esperienza ludico-sensitiva, e su quella delle cronache di viaggio.

Giovanni Comisso (Treviso, 1895-1969) combatté come volontario durante la prima guerra mondiale (che raccontò in Giorni di guerra) e partecipò all’impresa fiumana. Abbandonata la carriera legale per dedicarsi al giornalismo, fu a lungo inviato speciale per importanti quotidiani. Autore eccentrico (ma apprezzato da critici e scrittori quali Contini, Debenedetti, Gadda, Montale, Saba e Svevo), dopo i primi libri, Poesie (1916) e Il porto dell’amore, pervenne a uno stile personale che trovò la misura più congeniale nei racconti e nelle prose di viaggio o di memoria – tra le maggiori del Novecento italiano -, in cui la sua natura istintiva, sorretta da un’acuta sensibilità visiva, esprime appieno un’esperienza di vita intesa come felice avventura. Tra le altre sue operericordiamo: Gente di mare (1928, premio Bagutta), Storia di un patrimonio (1933), Amori d’Oriente (1947), Le mie stagioni (1951), Capricci italiani (1952, premio Viareggio), Un gatto attraversa la strada (1955, premio Strega), Veneto felice (postumo, 1984).

Autore: Giovanni Comisso
Titolo: Il porto dell’amore
Editore: Longanesi
Anno di pubblicazione: 2011
Pagine 205
Prezzo: 19,60 euro

logo_unilibro
Acquista su Unilibro.it