“Solo la penombra”. 1989: Il muro, la memoria, il ricordo

solo-la-penombraC’è il peso della storia in questo sofisticato e lirico “Solo la penombra” (Lampi di stampa, 2009), esordio di Carlo D’Alessio. A 20 anni da quel fatidico 9 novembre 1989, quella data e quelle immagini riaffiorano – oggi, in tempi di celebrazioni –  nel nostro inconscio e nella nostra memoria collettiva. L’autore, poco più che ventenne ai tempi del crollo della DDR, ripercorre quegli attimi attraverso gli occhi privilegiati di Werner, maestro elementare in pensione incapace di stabilire legami emotivi con il mondo esterno.

Si potrebbe pensare ad un tempo di bilancio, sia pure provvisorio, in cui poter comprendere i cambiamenti repentini di una società che dal quel momento in poi ha tradotto processi più antichi in quella che, semplicisticamente, oggi chiamano globalizzazione. Come se la caduta del muro avesse, in sé, un potere maggiore, per esempio, delle follie straordinarie di due guerre mondiali. Ma, riprendendo l’Heidegger degli Holzwege, se in un’opera d’arte si svela la verità, cioè si fa evento il non nascondimento dell’essere, una volta che questo “ricordo collettivo” è rielaborato così intensamente da farne letteratura, dove nasconde il suo reale valore se non nei meccanismi innescati dentro di noi?

La sintesi di Werner, il protagonista del romanzo, è tutta nella sua natura profondamente e squisitamente umana. Un uomo che, da tedesco, ha attraversato, in un tempo relativamente breve, l’esperienza bipolare e assoluta del nazismo e del socialismo reale (quest’ultimo costretto, tra l’altro, a specchiarsi continuamente con il suo opposto, il trionfo rarefatto e anglosassone della Germania occidentale). Come nelle immagini che ti accolgono nella Terrorhaza di Budapest, in cui militari ungheresi tolgono dai muri l’effige della svastica per applicare quella della falce e martello, quella che ne esce fuori è una linea di tragica continuità. È nella natura nient’affatto eroica dell’uomo che si custodisce il valore storico di quei giorni. Con il muro sono caduti definitivamente i totalitarismi europei del novecento – nazismo e comunismo – e, come nel gioco del domino, ogni tessera ha spinto giù quell’altra, portando con sé bagagli di vita quotidiana.

Tutto riaffiora generando da un lato speranze per il futuro, dall’altro rimozioni e assenze, vuoti difficilmente colmabili. Il veleno pestifero di cui si è cibata la Germania e l’Europa (che Malaparte, anni fa, definì “cumulo di rottami” e “vittima sacrificale”) scorre ancora nelle vene di chi ha visto con i propri occhi lo sgretolamento dell’Ancien Regime. Se è vero che la storia rimette tutto in discussione, grazie alla capacità di ribaltare realtà precostituite, è anche vero che la violenza con cui mette in atto queste “rivoluzioni” non può che lasciare strascichi, paure, turbamenti.

E in questi strascichi, in queste paure, in questi turbamenti si celano verità prima invisibili, si ritrovano i giusti appigli per non perdere, spinti violentemente dal vortice della storia, l’equilibrio.

L’autore coglie nel segno, dettando i tempi di questa scoperta con un ritmo ora lento ora velocissimo, ora morbido ora teso, ricercato nelle forme e nel linguaggio. La scrittura è colta, attenta, ricercata. A tratti aleggia una carica volutamente lirica, poetica, persino onirica ma senza mai alzarsi troppo dalla superficie melmosa della storia, tenendo i piedi, magari solo con la punta, sempre poggiati a terra. Nel tentativo di spostare i significati dai significanti – al fine di modificarne il valore simbolico, fino a farlo diventare metafora di nulla – Carlo D’Alessio riesce a tratteggiare un quadro di rara bellezza. Un romanzo che sa di letteratura.

Carlo D’Alessio è nato a Roma (1965). Dopo aver conseguito un dottorato di ricerca, si è dedicato all’insegnamento nei licei classici. Attualmente è Lettore d’italiano presso l’università spagnola di Saragozza. Ha pubblicato numerosi interventi di critica letteraria, tra cui i volumi: Lune di giada. Poesie cinesi tradotte da Arturo Onofri (Salerno Editrice, 1994); Il poema necessario. Poesia e orfismo in Dino Campana e Arturo Onofri (Bulzoni, 1999); Carteggi Cecchi – Onofri – Papini (1912 – 1917) (Bompiani, 2000). È anche autore di racconti e di poesie, usciti a più riprese su “Galleria”, “Nuova prosa” e “Fermenti”.

Autore: Carlo D’Alessio
Titolo: Solo la penombra
Editore: Lampi di stampa
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 11 euro
Pagine: 148