Il cinghiale rosso di Capalbio

cinghialerossoLa voce e lo sguardo di Libera sono i protagonisti de L’era del cinghiale rosso” (Fazi, 2009) di Giovanna Nuvoletti, nel quale sono descritti 30 anni di magiche ed indimenticabili estati trascorse a Capalbio. Luogo dove Libera approda la prima volta a 13 anni nel 1977, mitico buen retiro di politici, giornalisti, intellettuali ed artisti. Scritto con una pungente vena ironica, rappresenta la parabola del borgo toscano nato come rifugio dove nascondersi e trasformato nel corso degli anni in uno scenario dove mostrarsi e dire ci sono anch’io.

Ne parliamo con l’autrice.

Signora Nuvoletti, qual è il significato del titolo L’era del cinghiale rosso?

“Un gioco… uno scherzo malizioso. Capalbio all’inizio era solo un – meraviglioso – posto da cinghiali. Selvaggio. Abitato soprattutto da questi simpatici ma rustici animali. E non c’era quasi altro da mangiare: lo stufato di cinghiale, le tagliatelle al ragù di cinghiale, il filettino di cinghiale. O da vedere: cinghiali impagliati, cartoline con mamma cinghiala nella macchia circondata dai suoi cinghialetti, manuali sulla caccia al cinghiale… Rosso? Perché qui la povera bestia è di sinistra, dicono. Ora che il suo colore è passato di moda tutti le sparano addosso”.


Nella copertina appare la frase: Tutto su Capalbio. Quanto c’è di vero e quanto di romanzato nel libro?

“Molto di vero, e molto di romanzato… spetta al lettore scoprirlo! E poi, le debolezze umane sono le stesse a ogni latitudine. Anche in Maremma”.


Libera osserva i movimenti dei villeggianti che affollano lo stabilimento L’ultima spiaggia. Il nome della protagonista è voluto considerato che si definisce furiosamente liberale ed anticonformista?

“Libera è una persona libera. Il suo nome è il suo essere. Ha occhi liberi da pregiudizi ed ama scherzare, usa un linguaggio tutto suo. Quando si definisce furiosamente liberale, descrive, con occhi da adulta, se stessa adolescente. È liberale si, ma mai furiosa o fanatica. Libera sorride di tutto.”


Sabbia deserta a destra e a sinistra, macchia verde dietro le spalle, mare azzurro davanti agli occhi.
Quali sono le suggestioni che Le evocano il borgo toscano? Rappresenta per Lei il luogo dell’anima?

“Di spassosi ricordi e momenti teneri. Non è solo il luogo dell’anima ma anche del cuore”.


Spuntava dalla nebbiolina un curioso profilo. Sopra un piccolo colle tutto verde, qualche casa ammonticchiata, un castello, una torre. Libera descrive Capalbio. Anche a Lei  apparve così la prima volta?

“Proprio così. Ma la vidi mentre stavo borbottando agli amici che mi ci portavano: «cosa vi viene in mente di trascinarmi in un posto dove ci vogliono 20 minuti di macchina per andare al mare? Siete pazzi! Uffa, ‘sti paesini toscani sul cocuzzolo… visto uno li hai visti tutti!» Avevo passato infanzia, adolescenza e parte della giovinezza pedalando libera in una comoda e domestica Versilia. Un posto “faticoso” e ruspante come Capalbio mi pareva assurdo. Non sapevo quanto mi sbagliavo.”


Dopo Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più basandosi su ricordi personali, ha scritto un altro libro sull
élite in vacanza. Possiamo dire che con L’era del cinghiale rosso vuole sfatare con ironia il mito di Capalbio, che qualcuno ritiene sia in declino?

“Più che dalle élite in vacanza, che hanno i loro cantori, sono affascinata dai luoghi mitici. Da posti che qualche magica concomitanza rende unici e indimenticabili. Dalle leggende che vi si creano. Da decenni ormai Capalbio è diventata simbolo di qualcosa che in realtà non è. Ho mostrato, spero, il suo vero sapore. Svelato qualche suo segreto ben celato. E ho anche smontato un bel po’ di clamorose bufale create dalla “bolla mediatica” che la circonda. Con ironia, sì. Anche con un po’ di sarcasmo, lo ammetto. Ma di declino… no, non se ne parla proprio. Anzi, se ne parla moltissimo, e a sproposito. Sono vent’anni che i giornali affermano, perentori, che Capalbio non è più quella di una volta. Ah ah ah, mi viene proprio da ridere, se ci penso… che banalità!  Capalbio è più bella e viva che mai.”


Complimenti per la vittoria nel Premio Capalbio 2009, luogo al quale è legata, e che Le ha fornito l’ispirazione per l’ambientazione del Suo romanzo. Quali sono le Sue sensazioni in questo momento?

“Sono molto contenta per il mio premio. Orgogliosa. Capalbio ha capito il mio amore. Certo, il mio libro non ha grandi pretese. In mezzo agli altri premiati è un allegro nanetto. Ma credo non stonerà.”


Giovanna Nuvoletti
è nata a Milano nel 1942. Giornalista, fotografa di pubblicità e cronaca, i suoi articoli di costume sono apparsi su Marie Claire, Linus, King ed altri periodici. Cura una rubrica sul mensile Rolling Stone. Ha pubblicato il romanzo Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più (Fazi 2008) dove viene narrata la sua infanzia in Versilia.  Il romanzo L’era del cinghiale rosso ha vinto il Premio Capalbio 2009 nella sezione Testimonianze ex aequo con Lucetta Scaraffia con Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia Laterza, Marta Dassù con Mondo privato e altre storie Bollati Boringhieri.