“Come ti vendo un libro”, strategie di vendita della cultura

cometivendounlibroL’11 maggio presso il circolo della stampa a Milano si è tenuto il convegno “Come ti vendo un libro – meccanismi, segreti e bugie del marketing editoriale“. L’evento, organizzato dall’IFG è stato coordinato da Enrico Regazzoni, direttore dell’Istituto con la presenza d’importanti nomi del panorama editoriale: Gian Arturo Ferrari (Mondadori), Paolo Mauri (Repubblica), Emilia Lodigiani (Iperborea), Stefano Bartezzaghi enigmista e Gianni Biondillo scrittore. DOCUMENTO/Inchiesta sul marketing editorialeEntrare a Palazzo Sorbelloni a Milano è fare un salto nel passato, tanto nelle sue sale si respira l’aria ottocentesca della Milano bene. In questo contesto da fiaba si è tenuto l’evento, occasione per la presentazione del lavoro svolto dagli studenti della scuola di giornalismo, la rivista IFG con le inchieste sul mondo del libro.

Regazzoni ha toccato diverse tematiche legate all’industria editoriale, coinvolgendo di volta in volta gli ospiti, che hanno interagito vivacemente nella conversazione.

Inizialmente si è voluto chiarire il rapporto tra libro, scrittore e autore: perchè un autore decide di scrivere? Per piacere personale o solo per vendere? Cosa sa il lettore di questo rapporto?

Biondillo, molto schiettamente, spiega una differenza di fondo: chi scrive e non pubblica, lo fa per piacere personale mentre affidare un libro al mercato implica la volontà di vendere la propria opera. Il sogno di tutti gli scrittori è quello di vendere un miliardo di copie, nessuno vuole essere letto da pochi. Biondillo sottolinea anche la funzione del lettore, che è un “essere astuto” e che capisce quando è preso in giro dallo scrittore che scrive solo per fare soldi.

Con una famosa citazione del critico letterario Angelo Guglielmi, “non credo esistano capolavori nascosti“, Regazzoni introduce il tema della distribuzione del libro. Mauri risponde con un aneddoto: durante la preparazione di un libro insieme a Rosselli e Zavattini, quest’ultimo propone un’alternativa forma di distribuzione: andare casa per casa e lasciare un copia per persona. Il ricordo di Mauri, evidenzia due “temi caldi”: la distribuzione, appunto, e il problema della non lettura, vera e propria piaga sociale dell’Italia.

L’intervento di Ferrari, invece, riguarda soprattutto il tema della quantità e dei numeri, cercando di sfatare il mito per cui se un libro vende molte copie significa che è un buon lavoro. Per Ferrari non è sempre così: il discorso incentrato sulla quantità di libri venduti ha senso solo se si pensa all’editoria libraria come ad un prodotto della modernità, e quindi come ad uno strumento che permette la conoscenza ad un numero maggiore di persone. Inoltre, propone una spiegazione al tema della non lettura: i confini di carattere linguistico e il concetto di una cultura elitaria (è bene che leggano pochi).

Emilia Lodigiani, distante da un’editoria della quantità, si sofferma sul tema dell’identità editoriale, vero punto di forza della sua casa editrice. Iperborea, infatti, punta proprio su una forte rinconoscibilità, non solo a livello contenutistico (pubblicando solo autori del nord Europa) ma anche a livello “strutturale”: formato (10×20), copertina e retrocopertina. La casa editrice milanese non ha strategie di marketing ben precise, ma si fonda soprattutto su un rapporto stretto col lettore, sulle fiere, sugli inviti agli autori in Italia. Per la Lodigiani, il concetto della barriera linguistica esposta da Ferrari non sussiste: in Islanda, paese oggettivamente ai confini del mondo, vengono pubblicati 20000 libri, con un popolazione che non supera i 300.000 abitanti.

Bartezzaghi invece, pensa alla scrittura come ad un gioco enigmistico: chi vi partecipa, lo fa per vincere. L’enigmista-scrittore fa anche riferimento all’equivoco delle 5000 copie: se un libro è letto da questo numero di persone, è possibile che alcuni concetti vengano fraintesi. L’equivoco c’è quando si fa collassare l’editoria sulla cultura, poiché sono due cose diverse.

Ferrari approfondisce nelle ultime battute del convegno il tema del marketing. Le strategie di vendita, si usano solo per il formato paperback, cioè per libri che hanno già superato un primo vaglio, una sorta di selezione naturale nelle librerie. Sui libri nuovi non c’è marketing, c’è solo il destino individuale di ogni singolo libro. Alla domanda postagli da Regazzoni circa un possibile insuccesso di best seller come quelli di Giordano (“La solitudine dei numeri primi“) e di Saviano (“Gomorra“) senza alle spalle una sicurezza come Mondadori, Ferretti risponde negativamente: è convinto che se un libro è buono, è in grado di camminare e farsi strada da solo, il marchio editoriale rimane ancora un elemento marginale nella scelta di un’opera. Oggi la tendenza, anche nelle librerie, è quella di evidenziare libro e autore.

L’incontro quindi è stato un acceso e divertente scambio di opinioni, esperienze e commenti di chi si occupa del libro tutti i giorni, anche se con modalità differenti: chi pensa alla quantità, chi al marketing, chi all’identità editoriale, chi scrive. Fa riflettere l’ultimo intervento di Mauri, che propone una sfida agli editori: fare in modo che nel futuro il paese cresca culturalmente grazie ad un aumento del numero di lettori. Il futuro del libro è incerto: come cambierà con Internet? Ci sarà una nuova rivoluzione come con Gutemberg? Le risposte sono tante, ma tra i lettori rimarrà viva l’emozione che regala un libro sfogliandolo tra le mani.